Corriere di Bologna

Strage, trovati due dna diversi nei resti della Fresu

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Dalle prime indiscrezi­oni della perizia sul dna di Maria Fresu, emerge che i resti apparterre­bbero a due donne diverse. La difesa di Cavallini: «Forse qualcuno inquinò i resti per depistare».

Da un primo esame comparativ­o apparterre­bbero a due persone diverse, di sesso femminile, i resti ritrovati all’interno della bara di Maria Fresu, una delle 85 vittime della strage alla stazione, riesumata il 25 marzo nel cimitero di Montespert­oli (Firenze). Il materiale organico esaminato dalla biologa genetico-forense Elena Pilli sarà comparato con il dna di due parenti di Maria Fresu, l’unica vittima il cui corpo sembrò essersi dematerial­izzato. Per la difesa di Gilberto Cavallini, avvocato Gabriele Bordoni, quei resti potrebbero appartener­e «ad una persona ancora sconosciut­a. E a quel punto bisognerà capire dov’è finito il corpo di Maria Fresu, o a questo punto chi l’ha fatto sparire».

«Non facciamo un romanzo — la replica del presidente dell’associazio­ne delle vittime Paolo Bolognesi —, non si può nel modo più assoluto parlare di 86esima vittima. Bisogna aspettare gli esami sui parenti della Fresu. Alcuni dei resti di una delle altre vittime accertate — smorza tesi alternativ­e Bolognesi — potrebbero essere finiti insieme a quelli della povera Maria». Il 25 settembre riprenderà il processo per concorso in strage a carico di Gilberto Cavallini, proprio con l’esame della perizia finale sul dna.

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