Fiom-Gd, la «fabbrica» dei contratti
Martedì assemblea (retribuita) con Landini e un libro dedicato a Papignani
Un’assemblea con Landini e un libro che riunisce gli accordi più importanti dal 1969. La Fiom festeggia così 50 anni di contrattazione sindacale in Gd. Bulgarelli: «Su diritti e condizioni di lavoro qui sono state anticipate le tendenze nazionali».
Sullo stesso cammino, per mezzo secolo. Scontrandosi, cadendo, stringendosi le mani e continuando a marciare. Per arrivare qui — lavoratori, sindacati, azienda — con un’organizzazione produttiva e condizioni di lavoro che continuano a fare scuola. Alla Gd, 50 anni di contrattazione, per i quasi 2000 dipendenti, sono certamente da festeggiare.
E così ha deciso di fare la Fiom di Bologna, martedì, nella storica società del gruppo Coesia: un’assemblea di sigla retribuita, un libro che racconta la lunga impresa con le vertenze più significative e la presenza del segretario generale della Cgil Maurizio Landini, che è stato anche segretario Fiom in città, funzionario in Gd e firmatario di uno degli accordi presenti nel volume intitolato 1969-2019, i primi 50 anni di contrattazione aziendale in Gd. Non ultima, spicca una dedica importante: a Bruno Papignani, storico segretario, il più lungimirante e tenace, scomparso l’11 luglio.
Una delle intese fondamentali porta proprio la sua firma: è quella sulla democrazia in azienda. Anno 2011. Lì è scritto nero su bianco, spiega il segretario della Fiom bolognese Michele Bulgarelli, «che l’azienda si impegna ad applicare il contratto solo quando approvato dalla maggioranza dei lavoratori. Una rivoluzione — ricorda — che, all’inizio, fu osteggiata a tutti i livelli, tanto che Fim e Uilm non la votarono, ma alla fine fu recepita dal contratto nazionale dei metalmeccanici». «Si sanciva — insomma — fa il punto Fabrizio Torri, delegato Fiom in Gd — che il sindacato rappresenta i lavoratori, e non se stesso, e che sono le stesse istanze ad avere valore di vincolo per l’azienda». Ed è proprio questa saldatura tra l’organizzazione sindacale e le esigenze dei dipendenti, ad aver portato, secondo Torri, la Gd all’avanguardia nella soluzione delle vertenze.
Una saldatura che, evidentemente, nella pratica, era già sottesa. A partire dal 1969. Da quel contratto battuto a macchina, che apre il libro. È l’unico «di officina», specifico, è l’unico non aziendale. La firma del segretario è quella di Claudio Sabattini. In quel caso si regolavano il cottimo e i tempi di lavorazione, che allora venivano cronometrati al dettaglio.
Poi, nella pubblicazione, la storia si ripercorre con tre contratti degli anni 70 — quando si ottennero i turni a 7 ore e ulteriori concessioni su salario e diritti — due degli anni 80, due dei 90 e tre dei 2000. È in questi ultimi che compaiono i traguardi che oggi fanno la differenza. Dal punto di vista dei diritti e della partecipazione alla pianificazione industriale. «È dal 2007 — rimarca Torri — che, a parte per questioni specifiche, per l’integrativo non c’è mai stato bisogno di indire uno sciopero». Segno che, ai tavoli, anche l’azienda non ha difettato di sensibilità.
Il 2017 è stato un altro punto di arrivo della contrattazione. Tra le novità più importanti, sono stati introdotti orari flessibili che armonizzano necessità produttive e di vita dei lavoratori; ulteriori diritti a supporto della genitorialità; borse di studio per i figli e concessioni di ore e contributi alla formazione individuale del dipendente, anche se esula dalle mansioni in Gd. «Di recente — fa l’esempio Torri — un’impiegata dell’ufficio tecnico è riuscita a laurearsi in Comunicazione».
Non solo battaglie vinte sul salario, ma «a Bologna — commenta Bulgarelli — la contrattazione aziendale articolata (così si definisce) ha sempre indirizzato le tendenze nazionali anticipando temi come i diritti individuali, il diritto allo studio, l’organizzazione degli orari e la formazione. Tanto che oggi possiamo permetterci di intervenire anche su grandi temi come quello ambientale».
A vedere il riassunto di un lungo percorso in un libro, «fa quasi commuovere», confida infine Torri: «Ho raccolto le copie degli originali: nelle pagine più vecchie si vedono le note a margine, le correzioni, i ripensamenti, un’intestazione scritta a biro per la fretta»: i simboli di un lavoro instancabile di mediazione, conflitto, incontro. «Sono qui da vent’anni — conclude — ma non è solo la mia storia».