Da Odessa ai ghetti di Varsavia Lezione di storia con Jewish Jazz
Viaggio nelle esperienze musicali ebraiche. Fra i big Uri Caine e Gabriele Coen
Un viaggio attraverso le esperienze musicali ebraiche, a partire da Odessa, città simbolo dell’ebraismo dell’est europeo, con la musica dei primi esponenti del klezmer, passando alla riscoperta delle grandi canzoni yiddish del Bund, il movimento socialista ebraico, e della Rivoluzione russa.
Il tradizionale appuntamento con il festival «Jewish Jazz», nel cortile all’aperto del Museo Ebraico di Bologna in via Valdonica, con ingresso gratuito, si aprirà martedì 10 alle 21 con il concerto-reading «Messia e Rivoluzione. Storia e storie del Bund»: voce di Miriam Camerini e clarinetto di Angelo Baselli.
A seguire, giovedì 12, il quartetto di Gabriele Coen, per approdare, infine, sabato 14 settembre, alla presenza ebraica nella cultura statunitense, con il concerto per piano solo di Uri Caine, protagonista assoluto dell’incontro tra jazz e tradizioni musicali ebraiche. Il primo concerto sarà ispirato al Bund, al suo «Giuramento» composto dal drammaturgo ed etnografo Shlomo An’ski e al suo slancio rivoluzionario accompagnato anche da una canzone come «La marcia dei disoccupati», che celebra la Rivoluzione d’Ottobre adattando un brano liturgico fino ad allora eseguito solo in sinagoga.
Le due grandi rivolte nei ghetti di Vilna e di Varsavia costituirono un tragico epilogo
per la storia del Bund, annientato dalla Shoah. Ad accompagnare il viaggio musicale del quartetto formato da Miriam Camerini, Angelo Baselli, Gianluca Casadei e Rocco Rosignoli ci saranno anche riflessioni dal Talmud e parole tratte da opere di Franz Kafka, Ernst Bloch e Martin Buber, che si aggiungeranno a quelle di Wlodek Goldkorn, giornalista e scrittore di origini polacche che alla storia del Bund ha dedicato vari studi e ricerche. Due giorni dopo toccherà al viaggio musicale del quartetto di Gabriele Coen, completato da Antonello Sorrentino alla tromba, Pietro Lussu al pianoforte e Riccardo Gola al contrabbasso, che prenderà le mosse dalle sconfinate terre della Russia zarista di fine Ottocento.
In un periodo compreso tra il 1880 e il 1924, infatti, circa un terzo della popolazione ebraica est europea, quasi due milioni e mezzo di persone, fu costretta dai violenti moti antisemiti e dai continui pogrom a lasciare la propria terra e cercare fortuna nel “Nuovo Mondo”, stabilendosi in modo massiccio soprattutto nel Lower East Side di New York.
Con personaggi della cultura ebraica dell’est europeo che dagli anni Venti divennero centrali per la musica americana come Irving Berlin, George Gershwin e Benny Goodman. Il gran finale sarà affidato a Uri Caine, 63 anni, e al suo pianoforte. Da sempre a suo agio sia con la rivisitazione di pagine della storia della musica, da Bach a Schumann, sia con la tradizione ebraica che con la scena creativa statunitense contemporanea.
Caine è considerato uno dei jazzisti più enciclopedici in attività. Come conferma la vastità dei suoi interessi riflessa nelle numerose traiettorie verso cui ha indirizzato la propria scrittura musicale, nelle formazioni da lui stesso guidate e nelle collaborazioni con altri musicisti, diversissimi tra di loro come Don Byron, Dave Douglas, John Zorn, Terry Gibbs, Clark Terry e Paolo Fresu.
Al concerto bolognese, in gran parte ispirato alla musica ebraica, non mancheranno improvvisazioni jazz, con sue composizioni originali e brani di compositori come Mahler, Gershwin, Berlin, Goodman e Zorn.