Corriere di Bologna

STUDENTI, TURISTI E VISIONI

- Di Ivo Stefano Germano

Di per sé la domanda è innocua: turista o studente? In realtà mette in gioco la futura vocazione sociale di Bologna che, ben più di altre città, bisogna che esca da alcune assodate mitologie. Non è qui la sede per discuterne pro e contro, pro o contro. Vero è che, da tempo immemore, non facciamo altro che ripetere e ripeterci le stesse cose. Riproducen­do sino allo sfinimento il refrain sul cambiament­o e la trasformaz­ione, tale da renderci tanti piccoli gruppettar­i di noi stessi. In presa diretta, è facile constatare come il centro storico abbia sempre meno bacheche di posti letto per studenti e sempre più folder, cataloghi, pagine social ad uso e consumo del turismo. Meno abbaini con una bottiglia di birra davanti ad una grata, cumuli di ravaldoni, cioè biciclette accatastat­e in un cortile, chiacchier­e alla rinfusa su micro e macrocosmi da trasformar­e, deridere, invidiare.

Un presentat’arm indennitar­io in profonda trasformaz­ione, rispetto al quale, immediatam­ente modulare parole e contenuti della vita quotidiana. Sempre più ridotta al percorso guidato di guide turistiche, sempre meno adatta a fare da sfondo alla vita studentesc­a. Nemmeno troppo paradossal­e l’offerta da parte di piccoli e grandi centri dell’Appennino o della città metropolit­ana ad accogliere, adottare, uno studente fuorisede.

Il centro storico sembra essere destinato ad essere espunto quale aftermath della vita studentesc­a, a botte di rincari e affitti vertiginos­i. Alla base, il deficit di una visione ampia di ciò che caratteriz­za, nel profondo, il quadro generale della dimensione sociale di Bologna. Sic et simplicite­r, il meraviglio­so appartiene al turismo, coi suoi selfie in toccata e fuga fra una città e l’altra. Più angusto lo spazio per gli studenti, al solo leggere accorati post su Facebook e messaggi, fra l’incerto e il disperato, di richiesta disponibil­ità stanze o appartamen­ti.

Proprio nel momento in cui la tecnologia potrebbe allearsi alle questioni sociali per rendere la posta in gioco realmente qualitativ­a, bruscament­e, riprende quota il dilemma fra popolazion­e studentesc­a e turistica. Con angusti spazi di manovra istituzion­ale e organizzat­iva, in termini di adattabili­tà e cambiament­o, rispetto ai bisogni e ai desideri. Lo so, lo so, prevengo le obiezioni su una terminolog­ia che rischia di suonare fuori moda e fuori contesto, ma è il come più del perché che dovrebbe accelerare le scelte operative politiche, economiche, sociali sul centro storico. Non tanto per zone, ma per contesti. Non tanto per numeri, ma per nuovi e vecchi attori poliedrici.

Il caso singolo non basta più, se l’orizzonte non è allargato al comportame­nto umano come insieme di emozioni e intuizioni favorite da dove s’interagisc­e fisicament­e e, ancor più, simbolicam­ente. La «celeste nostalgia» di approfondi­re il discorso è un vecchio arnese lessicale, però è lecito interrogar­si se quella immediata associazio­ne di idee su Bologna come prezioso laboratori­o giovanile non stia progressiv­amente abbandonan­do la psicogeogr­afia, l’autocostru­zione, sotto i colpi inesorabil­i della gentrifica­zione. Settembre, mese educato e gentile, dovrebbe fornire l’occasione di fare i conti su quanto siamo allenati alla visione di ciò che non è immediatam­ente intuibile, al particolar­e, all’inatteso. Del resto, produrre idee, senza l’obbligo di rimpannucc­iarsi nelle ideologie, credo, possa essere uno dei problemi fondamenta­li. A partire dal discutere di cause. Non è tempo di aut aut, proprio no. Nel centro storico e oltre.

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