Lo 007 dalla barba rossa estraneo a ogni cliché
Oggi alla libreria Ambasciatori l’autore Vittorio Giardino presenta «La doppia vita di Max Fridman»
Reduce dal successo dell’edizione integrale di Jonas Fink, il giovane di origini ebree che vive nella Praga comunista, Vittorio Giardino ripropone un altro dei suoi personaggi, Max Fridman, la spia che si muove nell’Europa alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Al quale Rizzoli Lizard ha dedicato una nuova preziosa edizione, «La doppia vita di Max Fridman». Un volume che raccoglie le prime due avventure della spia dalla barba rossa, agli antipodi degli 007 più convenzionali. A cominciare da Rapsodia ungherese del 1982, pubblicata sulla rivista Orient Express creata dall’editore e scrittore Luigi Bernardi, che costituì lo spartiacque nella scelta di Giardino di dedicarsi completamente al fumetto e che gli aprì anche le porte del mercato francese.
L’altra storia è invece La porta d’Oriente di quattro anni più tardi. Il volume risulta arricchito da un ampio corollario di illustrazioni e bozzetti, oltre che da una lunga intervista al disegnatore bolognese.
Giardino, classe 1946, autodidatta che ha iniziato a disegnare a quattro anni e che per un decennio ha lavorato come ingegnere, al fumetto a tempo pieno è arrivato solo negli anni Settanta. Sarà proprio lui a presentare la nuova uscita, in dialogo con Marco Marozzi, alle 18.30 alla libreria Ambasciatori di via Orefici 19.
Max Fridman, ebreo francese divorziato e padre di una bambina con cui vive a Ginevra, ha una barba curata e un aspetto impeccabile da cosmopolita europeo. Elegante nel vestire e compassato nei modi, è un commerciante di tabacco. Accanito fumatore di pipa, proprio come lo era Giardino, ha un passato da cui fuggire e continua ad avere rapporti con i servizi segreti francesi con cui ha collaborato in varie occasioni. A lui Giardino, autore anche del personaggio dell’investigatore privato Sam Pezzo, è particolarmente affezionato. Tanto da avergli dedicato la sua abituale maniacalità nel disegno anche di costumi, oggetti e scenari del Gran bazar, di minareti e suq che appaiono ne La porta d’Oriente.
Con il tratto pulito e sottile di Giardino, spesso accostato allo stile della ligne claire, e i suoi colori vivaci ad acquerello al servizio di un protagonista che si rivela un alter ego dell’autore stesso, con le sue passioni per il giallo, la storia, il controspionaggio e soprattutto il cinema, serbatoio a cui Giardino attinge sempre a piene mani. Un riflesso quasi inevitabile quando si è convinti, come nel caso di Giardino, che «l’esigenza di sapere molto del proprio personaggio è fondamentale per riuscire a farlo agire nel suo mondo. Devono sembrare persone vive che si muovono con autonomia, altrimenti sono solo maschere».