BORRACCE SU OGNI BANCO
C’è qualcosa di nuovo nel forsennato allestimento del kit per l’inizio dell’anno scolastico (in Emilia-Romagna il ritorno sui banchi è fissato per lunedì prossimo). È ora della borraccia in alluminio, dal design postliberty. Greta Thunberg benedicente, si affianca a diario, zaino, libri, quaderni, quadernoni, device. Non ho voglia né tempo di schierarmi sul ruolo dell’adolescente nella lotta per il pianeta, anche dopo averla vista immortalata con Naomi Klein, in un più che simbolico passaggio di testimone sul difficile mestiere d’icona di tutti i movimenti planetari.
Il reale qui è differente: la borraccia non è il grembiule, imposto dalle strutture sociali, tantomeno la zaino, la cui scelta conduce a notti insonni e tensioni più che striscianti. La borraccia, fuor di retorica, implica un comportamento evidente, cioè piantarla, una volta per tutte, con la plastica.
Più del clima a pesare, condizionare, illustrare è il costume sociale. Ovunque e comunque è tempo di borracce. Policrome, tinta unita, ton sur ton, griffate o meno contro la peste contemporanea dell’inquinamento causato dalla plastica. Dopo innovazione, sostenibilità, territori, tocca al #plasticfree. Un preciso impegno, anzi una vera e propria opzione strategica che, nell’ordine delle cose, oltre a uffici, sedi istituzionali e ospedali, riguarderà soprattutto la scuola.
In sintesi: comune, scuola, città con sempre meno plastica.
Reale emergenza a livello planetario, segnalata, ad esempio, dalla previsione tremenda che, entro il 2050, la presenza della plastica nei mari finirà per superare la totalità della fauna ittica.
A meno che non lo vogliamo considerare uno slogan alla moda, impacchettato a dovere questo invito a fare a meno della plastica da parte degli studenti e delle studentesse potrebbe diventare un salto di paradigma.
Se solo allarghiamo l’orizzonte, più è forte la criticità per il futuro, più è tempo per la borraccia, non più accessorio militaresco, companatico dell’esploratore, quasi sempre a secco nei film d’avventura, gesto massimo dello sforzo fisico dell’atleta. Da alcuni decenni, il cambiamento climatico, il controllo delle fonti idriche rappresentano gli assi geopolitici del futuro prossimo venturo. Giustificabilissimo il dibattito sui modelli di sviluppo, sul «più» che necessariamente non coincide automaticamente con il «meglio», anche se un pochettino frainteso e frastornato dal rutilante trionfo del «benaltrismo».
Consiglierei vivamente di dare un’occhiata al libro del responsabile di Grennpeace Ocean del Regno Unito, William McCallum, Vivere senza plastica, edito da Harper Collins, per comprendere quanto sia stupida l’idea stessa di una bottiglia di plastica. Un’ avveduta politica ambientale serve a farci stare meglio, con gradualità e costanza. Le tematiche ambientali riguardano l’educazione, senza rincorrere un pedagogismo fine a se stesso che si esaurisca in fervorino sui buoni sentimenti e sugli utili consigli; in entrambi i casi, sinonimi di banalità.
Esistono temi che operano sensibilmente su valori e opportunità catarticamente superati dalla presenza della natura che, per l’etologia di Konrad Lorenz, è sforzo e tentazione, a partire da un’ecologia del profondo nella trasformazione dell’altro. L’ambiente è, sempre più, un fattore dell’economia della conoscenza, del cambiamento delle strutture mentali, rispetto alla stessa nostra vita culturale. Nella speranza che le borracce siano supportate da prezzi più friendly, per non sembrare un lusso che vada oltre la pura e semplice salvaguardia ambientale. «Non dimenticate la borraccia. Mi raccomando».