«Pappagallo», il primo giornale umoristico
Del 1873 il primo giornale umoristico d’Italia, tradotto in francese e inglese
«Il Diavolo Zoppo», «La Rana» e «Il Papagallo» sono i nomi delle riviste satiriche ottocentesche che molto devono all’editore e caricaturista bolognese Augusto Grossi, fondatore del primo giornale colorato umoristico in Italia, «Il Papagallo» appunto, con tavole centrali coloratissime e un prezzo più che accessibile. Illustrazioni e vignette impregnate dello spirito di anni in cui le battaglie politiche si combattevano anche con feroce ironia sulle pagine dei giornali e che da domani si potranno riscoprire nella piazza coperta della biblioteca Salaborsa grazie alla mostra «Augusto Grossi, un editore bolognese alla conquista del mondo», che si inaugura alle 17.
«Lo storytelling prima dello storytelling», sintetizzano i curatori per riassumere un percorso all’insegna dell’umorismo, culminato con «Il Papagallo». Una rivista dedita esclusivamente a temi di politica internazionale con celebri caricature del nascente impero germanico e degli imperi russo e inglese protagonisti nel complicato risiko dei Balcani. Capace di prendere rapidamente piede anche all’estero, tanto che nel 1876 comparve anche l’edizione francese «Le Perroquet».
Grossi, nato nel 1835 e con studi all’Accademia bolognese di Belle arti, aveva lasciato ben presto la pittura per seguire la passione per la tecnica litografica, che imponeva il disegno diretto con matita grassa sulla pietra litografica.
Un metodo innovativo che permetteva la stampa saltando la lunga e costosa fase dell’incisione, un’invenzione alla base del successo dei giornali illustrati nella prima metà dell’Ottocento. Nel 1863, insieme a Leonida Gioannetti, un ventiduenne impiegato delle Poste, aveva già fondato a Bologna il giornale satirico «Il Diavolo Zoppo». Usciva due volte la settimana e, secondo la moda del tempo, era costituito da quattro pagine, di cui le due centrali occupate da un’illustrazione caricaturale affidata proprio alle matite di Grossi. Per lui quella rivista filomonarchica, che battagliava con il suo antagonista clericale «La Marmitta», costituì una palestra di tutto rispetto. Dopo la chiusura, già nel 1865 il binomio Gioannetti-Grossi si ripresentò con il nuovo settimanale «La Rana», in bolognese equivalente di «essere in bolletta», in linea con la crisi economica che attanagliava il paese.
Grossi ne era mattatore assoluto e la diffusione arrivò ben presto a superare i confini nazionali conquistando l’Europa e l’Africa del Nord. Spingendo così la rivista a trattare sempre più temi legati alla politica europea e ad abbandonare le cronache locali. Nel frattempo il caricaturista portava avanti il progetto di una rivista tutta sua, incentrata sulla politica internazionale e destinata a un mercato «globale».
Trovati gli investitori per accedere ai nuovi macchinari per la stampa litografica a colori su grande formato, nel 1873 nasceva «Il Papagallo». Giornale «colorato politico umoristico» che Grossi avrebbe guidato per 42 anni con punte di 24mila copie vendute, fino all’entrata in guerra dell’Italia. Con una satira che non rinunciava a mordere, sempre con intelligenza, per cercare di far comprendere le complesse dinamiche della «grande politica».
Grossi, capace di interpretare gli avvenimenti e spesso addirittura di anticiparli, ha incarnato la figura del borghese illuminato dell’Ottocento, monarchico ma progressista, senza mai nascondere il grande successo, anche economico, della sua creatura. Nel numero di fine anno del 1910, una tavola mostrava Grossi rovesciare la gerla delle sue caricature davanti all’Archiginnasio di Bologna, a cui aveva donato la collezione completa del suo giornale, accompagnandola con una lettera: «Ho sempre rifiutato qualsiasi offerta per la vendita dell’intera collezione del “Papagallo” per riserbare questa collezione all’Archiginnasio bolognese, convinto, forse illusoriamente, che sia questo il maggiore dono che, come artista e giornalista, io possa fare alla città cara ed illustre che m’ha dato i natali».