Corriere di Bologna

L’ex che tentò di ucciderla è libero «Non so quanti giorni mi restino»

Lucia Panigalli teme per la sua vita: «Mi sento una malata terminale»

- Luca Muleo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA L. M. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Non so quanti giorni mi restano. È come vivere con un cancro, mi sento come fossi una malata terminale». Tutta la disperata angoscia di Lucia Panigalli è racchiusa nelle parole pronunciat­e all’uscita dall’ennesima udienza, quella del processo a carico di Radev Dobrev, compagno di carcere di Mauro Fabbri, che è l’imprendito­re agricolo di Bondeno condannato per il suo tentato omicidio avvenuto nel 2010. Una volta in carcere, mentre stava scontando la condanna a 9 anni e 4 mesi di reclusione poi ridotta di un anno, l’oggi 63 enne ferrarese ha assoldato il bulgaro per uccidere la donna, sua compagna per un anno e mezzo. Ma a dicembre 2017 è stato assolto da questa seconda accusa. Così, finito di scontare l’unica pena inflittagl­i, dalla fine di luglio è libero. E per la signora di Vigarano Mainarda più che un incubo adesso è una certezza, perché lei è sicura.

«Mi verrà a cercare» aveva già affermato all’indomani dell’assoluzion­e. Intanto la sua è una vita costanteme­nte sotto scorta. «È come se fossi stata io a commettere qualcosa» dice, sentendosi condannata a un’esistenza blindata e sempre nella paura. Nelle conversazi­oni intercetta­te in cella e riportate da alcuni di organi di stampa, Fabbri col bulgaro pronunciav­a frasi come «io spero che lo facciano proprio bene, bene che non si trova proprio più». In ballo aveva messo 50 mila euro, un’auto e un trattore. Ma il piano si interrompe qui. E se la reale volontà di Dobrev — era stato lui stesso a dare l’allarme — di concludere l’atto criminale è materia dibattuta che verrà verificata nel processo in corso, Fabbri in quello a suo carico viene assolto in primo grado, e successiva­mente anche in appello, grazie all’articolo 115 del codice penale: «Qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell’accordo». Una norma incivile per Panigalli e il suo legale Eugenio Gallerani, che hanno depositato in Senato una proposta di legge con lo scopo di modificare l’articolo e annullarne le conseguenz­e.

Dall’altra parte, Marcello Rambaldi, difensore di Fabbri assieme al collega Dario Bolognesi, sostiene come «i giudici hanno applicato la normativa vigente. Non è mai stata raggiunta la soglia del tentativo». Il legale sottolinea anche che «magistrati esperti hanno ritenuto di applicare una misura di sicurezza con modalità stringenti nei confronti del nostro assistito».

Fabbri risiede a Bondeno e deve rispettare alcuni obblighi, per esempio stare in casa nelle ore notturne, rimanere lontano dal comune dove vive la donna, ed è sottoposto a controlli. Misure che però non bastano a restituire tranquilli­tà a Lucia. «Mi sento senza futuro» ha detto.

I due si erano conosciuti in una balera di San Pietro in Casale e avevano iniziato una relazione con molti momenti bassi. Dopo essersi lasciati definitiva­mente era avvenuta l’aggression­e con un coltello e a volto coperto. Fabbri veniva smascherat­o dalla donna, che era riuscita a resistergl­i e, richiamand­o l’intervento del figlio con le sue urla, a sventare il tentativo. «Mi sussurrava ti uccido, ti uccido e mi colpiva» ha raccontato più volte di quella terribile sera di marzo 2010.

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Disperata Lucia Panigalli

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