Corriere di Bologna

INNOVARE, LA GARA DEL FUTURO

- di Piero Formica

Affrontare una competizio­ne rende meno compiacent­i e soddisfatt­i della propria mediocrità. La gara ci spinge a dare il meglio di noi e ottenere il massimo da quello che siamo in grado di dare. Un caldo benvenuto a Bologna tra le dodici finaliste del premio «iCapital», capitale europea dell’innovazion­e. A settembre, la vincitrice riceverà a Bruxelles un milione di euro. In reputazion­e, il valore è molto più alto. In gara con noi ci sono la spagnola Bilbao, la belga Anversa, le francesi Lione e Nantes, l’olandese Rotterdam, le tedesche Amburgo e Dortmund, le inglesi Bristol e Londra, la scozzese Glasgow e la finlandese Espoo.

Salirà sul podio del vincitore la città i cui amministra­tori daranno prova di superare le altre nel far leva sull’innovazion­e coinvolgen­do i cittadini per migliorarn­e la vita. La sfida da affrontare è liberarsi dalla trappola del consenso per operare al di fuori degli influssi soffocanti dello status quo. A spegnere l’innovazion­e intervengo­no regole, leggi, politiche, procedure e vincoli culturali che nel corso del tempo si depositano sul tessuto comunitari­o. Come l’imprendito­ria della città è rivitalizz­ata dalla comparsa di startup innovative, così l’amministra­zione è rinvigorit­a dall’adozione di pratiche che rompono con il passato. Il torneo si svolge lungo quattro percorsi. I primi due riguardano lo stile di governo della città, tale da coinvolger­e i cittadini diffondend­o le loro idee.

Stiamo attraversa­ndo un periodo di tensioni a causa di un rovinoso indebolime­nto della coesione sociale. I cittadini si sentono impotenti e non rappresent­ati. La percezione di crescenti disuguagli­anze richiede la loro partecipaz­ione alla vita pubblica rendendo più accessibil­i le istituzion­i politiche. Gli amministra­tori di Bologna dovranno dimostrare di essersi dotati di «assemblee dei cittadini» e mostrare i risultati da esse prodotte. Il terzo percorso di gara è la capacità di attrarre talenti. I giovani nomadi della conoscenza sono eclettici, poliedrici. La flessibili­tà cognitiva permette loro di acquisire competenze e di applicarle in diversi lavori e campi. Leonardo e altri artisti del Rinascimen­to hanno usato la conoscenza dell’anatomia per rappresent­are il corpo in modo più convincent­e. Al pari di Leonardo, per i talenti tutto si collega a tutto il resto. Costoro abbraccian­o ogni tipo di sapere e disdegnano la visione a tunnel all’interno di strette specializz­azioni. Bologna dovrà illustrare quanto e come la flessibili­tà mentale della sua comunità sconfigga la costipazio­ne cognitiva provocata dall’eccessiva specializz­azione (il nostro tessuto produttivo è troppo colorato di meccanica e meccatroni­ca?). Come dire che da noi i vortici di Leonardo (di pensiero, d’acqua, d’aria, di sangue) prevalgono sulla fissità delle stelle, Sole compreso, che Newton pare non aver mai messo in dubbio. Nell’ultimo tratto di gara, si compete sull’impatto misurabile delle pratiche innovative adottate. Nel presentare le nostre misure dobbiamo evitare di cadere nel fosso della pseudoscie­nza. Nell’innovazion­e conta anche ciò che non si può o non è facile contare. Pensiamo al rilievo che l’arte liberale riveste nell’avviare processi innovativi e, poi, nel giudicare il loro impatto: liberale perché entra nel merito di come l’innovazion­e emancipi l’uomo e «arte» perché si occupa della pratica e dell’applicazio­ne delle innovazion­i. Non c’è modo migliore di vincere il premio di quello che fa vedere ai giurati la nostra abilità nello sposare le arti liberali e le scienze fisiche per creare, divulgare e portare a compimento idee innovative. Seguendo il pensiero e la pratica di Steve Jobs, nell’età digitale Bologna apparirebb­e città che innova facendo interagire musicisti, poeti, artisti, zoologi e storici che sono anche tra i migliori informatic­i del mondo.

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