Pompe funebri, in 50 a processo per il racket
Si tratta di 41 persone e 9 società, fra cui i consorzi al comando dei due «cartelli»
Sono in tutto 50 le posizioni (41 persone fisiche e 9 società) per le quali la Procura ha chiesto il processo al termine dell’inchiesta «Mondo sepolto». Quell’inchiesta che, cioè, ha svelato un racket delle pompe funebri, con spartizione e controllo delle camere mortuarie degli ospedali.
Vanno verso il processo i 50 — 41 persone fisiche e 9 giuridiche — per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio dal pm Augusto Borghini nell’ambito dell’inchiesta «Mondo Sepolto», quello che secondo le indagini di carabinieri e Procura era il sistema di spartizione e controllo delle camere mortuarie degli ospedali Sant’Orsola e Maggiore da parte di due organizzazioni all’interno delle quali si raggruppavano le ditte di pompe funebri.
La prima udienza preliminare davanti al giudice è stata fissata per il 29 novembre, e il gup, Grazia Nart, ha già indicato le date successive per altre quattro udienze, dal 6 dicembre al 24 gennaio. Tra i rinviati a giudizio che dovranno comparire davanti al gup anche i due consorzi, la Rip Service Consorzio Imprese Funebri di Zola Predosa, e il Cif, Consorzio Imprese Funebri di via Zanardi, al centro dell’inchiesta e al comando, secondo i pm, dei due «schieramenti». Oltre a ditte come Franceschelli, Lelli, Ditta Golfieri, la Ditta Grandi Mario, il Centro Servizi Funerari e la Garisenda onoranze funebri. Assieme a loro i dipendenti delle strutture ospedaliere, Daniele Bultrini, Giuseppe Parise e Giuseppe Venturi, sospesi e sottoposti a provvedimento disciplinare rischiano il licenziamento.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i rappresentanti delle agenzie stazionavano nelle camere mortuarie (vietato per legge) facendo da tramite con i vertici delle pompe funebri e dei consorzi I dipendenti delle camere mortuarie, corrotti con somme fino a 300 euro, avvicinavano i parenti dei defunti, sponsorizzando i servizi delle ditte e il possibile risparmio. Leva con cui le agenzie si facevano pagare in nero, finanziando così il meccanismo. I protagonisti principali hanno già scelto di patteggiare pene che vanno da un anno e 4 mesi a 4 anni. In tutto, patteggiamento accettato per diciannove persone, tra cui i «dominus» Giancarlo Armaroli, titolare della ditta omonima, e Massimo Benetti, all’epoca al vertice del consorzio Cif. Loro due erano sostanzialmente ritenuti i capi dei due cartelli, che corrompendo gli addetti alle camere mortuarie si spartivano il mercato dei funerali. Per loro la pena applicata è stata di 4 anni di reclusione nel caso di Armaroli, 3 anni e 6 mesi per Benetti.
In tutto, tra persone fisiche e persone giuridiche, sono stati 74 gli indagati a cui lo scorso aprile era stato notificato l’avviso di fine indagine, 226 episodi contestati per i reati di associazione per delinquere, corruzione, riciclaggio, rivelazione di segreti d’ufficio e vari reati fiscali. Tra gli altri che hanno patteggiato ci sono Graziano Muzzi, titolare della ditta Franceschelli, a 2 anni e 7 mesi, Davide Gamberini della ditta Nettuno e anche tre operatori della camera mortuaria del Sant’Orsola, Francesco Ramoscelli, Paolo Montaguti e Maria Campisi, con una pena di due anni. Un anno e dieci mesi per un’altra dipendente, Raffaella Gianfrancesco. Altri patteggiamenti ci sono stati per i dipendenti delle agenzie funebri, e ulteriori sono stati rinviati a novembre per consentire agli indagati di risarcire il Fisco.
A luglio avevano già patteggiato nove indagati: pene da 1 anno e 4 mesi a 4 anni