IL DIRITTO ALLA SALUTE
Il 26 gennaio del 2020 si voterà per il rinnovo del consiglio della Regione Emilia-Romagna. Il Pd apre al movimento Cinque Stelle sul rinnovo del mandato all’attuale presidente Stefano Bonaccini, un’apertura non senza problemi nonostante l’ottima prova data dal candidato riproposto. La possibile convergenza va costruita su un programma, chiarendo gli obiettivi e presentando la squadra. Per il buon governo occorrerebbero punti chiari e dettagliati, tempi certi e definiti, e persone competenti e credibili in grado di realizzare quanto concordato. La svolta, però, sarà data dalla partecipazione attiva alla fase programmatica dei cittadini, dei lavoratori, delle organizzazioni sociali e di tutti i soggetti che concorrono a creare uno sviluppo ecosostenibile. La ricerca del contributo della società civile e delle sue molteplici e autorevoli personalità, sono decisivi. Uno dei temi della competizione elettorale, oltre all’ambiente, dovrebbe riguardare la piena attuazione del diritto alla salute per tutti previsto dalla legge del 1978. Di certo l’alta competenza programmatica da parte dell’assessore alla salute, la buona capacità organizzativa e gestionale da parte di quasi tutti i direttori generali delle aziende sanitarie, l’alta qualità dei servizi, hanno formato una sanità da primato non solo nazionale. In regione si è riusciti a costruire un sistema pubblico integrato, valorizzando il privato profit e non profit. Detto questo, tutto bene? Purtroppo no. Il diritto alla salute non è ancora pienamente realizzato, la spesa a carico dei cittadini è in crescita.
Il sistema integrato va perfezionato, partendo dai problemi irrisolti che sono quello della carenza e precarietà del personale e quello della spesa privata (un terzo del totale). Un aspetto non secondario del primo problema riguarda la Spedalità privata (finanziata dal pubblico per oltre l’80%) che da 12 anni non applica il contratto nazionale. Colpiscono le parole del condirettore di Unipolsai Enrico San Pietro che parla del «continuo venir meno del servizio sanitario nazionale» e dell’opportunità per la sua compagnia di «allargare la gestione diretta dei centri medici». Occorre regolamentare l’intervento delle assicurazioni a un ruolo non sostitutivo della sanità pubblica. Tocca a Bonaccini dire con chiarezza che il sistema universalistico sarà potenziato puntando su una medicina preventiva e personalizzata. E che non serve un secondo pilastro (privato-assicurativo), perché la salute è un diritto e non un privilegio. È chiaro che garantire la salute a tutti vuol dire porre al governo la questione della tassazione generale, che deve essere fortemente progressiva in modo d’aumentare il fondo sanitario per garantire più integrazione, occupazione e qualità dei servizi.