Sul «set del male» a Bibbiano, la rabbia della gente: «Ora basta»
Viaggio nel paese finito al centro dell’inchiesta sugli affidi illeciti. Insieme alla campagna d’odio è cresciuta la rabbia dei cittadini esasperati «Quando diciamo da dove veniamo sgranano gli occhi. Le accuse? La magistratura faccia presto»
Bibbiano è un paese sotto tiro, «il paese degli orchi» per l’inchiesta sui presunti affidi illeciti che lo ha portato al centro della scena mediatica e non solo. Ma la gente di Bibbiano è stanca, basta farsi un giro per capire che non ne può più di tutto questo fango.
— C’era un caldo quasi BIBBIANO (REGGIO EMILIA) insopportabile già alle 9 di mattina, qui a Bibbiano, lo scorso 27 giugno. Quella cappa densa, corposa, che a inizio estate soffoca queste terre. I cittadini chiedevano a noi cronisti, che iniziavamo ad arrivare alla spicciolata davanti al municipio. C’erano i carabinieri, di fronte al Comune, e la gente aveva capito immediatamente che qualcosa era successo. Noi sapevamo solo che avevano arrestato il sindaco, Andrea Carletti. Il resto delle informazioni sarebbe arrivato dopo, in tarda mattinata, e con ancor più chiarezza il giorno dopo, con la conferenza stampa della Procura sull’inchiesta Angeli e Demoni. Abuso d’ufficio e falso, per il primo cittadino, uno dei 29 indagati. Così come Bibbiano è uno degli 8 Comuni della Val d’Enza: l’intero territorio è al centro dell’inchiesta della Procura, l’intero operato dei servizi sociali che fanno capo all’Unione di questi comuni.
Il paese come un set
Eppure il nome di Carletti è sempre rimasto quello eccellente e Bibbiano è diventato il centro del male. Quelle scale, le scale davanti al municipio, sono molte volte state il set di trasmissioni, con conseguente inaspettato scossone per palinsesti televisivi estivi solitamente sonnacchiosi. Sono passati tre mesi. Una stagione, in pratica. Quell’estate che iniziava in maniera prepotente adesso vira verso i colori dell’autunno, ma la cappa c’è ancora, ed è densa. In Comune continuano ad arrivare e-mail e telefonate di minacce e offese, sempre anonime. Davanti al municipio la sorveglianza da parte delle forze dell’ordine è ancora continua.
Le accuse e l’hashtag
Era giornata di mercato, l’altro giorno, a Bibbiano. Un ambulante dice, a mezza voce, «vergognatevi», mentre passiamo col nostro taccuino in mano. È difficile, ormai, per chi vive e lavora qui, razionalizzare, distinguere, filtrare, riflettere. La rabbia è cresciuta con i mesi, e insieme la stanchezza per essere diventati, in Italia, i cittadini del paese in cui i bambini vengono «strappati alle famiglie». Fa venire in mente un foglio di carta, mentre qui si parla di persone. Di bambini, appunto. Trasformati sui social in un hashtag, il famigerato #parlatecidibibbiano. Non ha avuto niente a che fare, tutto questo, con l’indagine, che prosegue e che dovrà stabilire, con il processo che ne seguirà, se in Val d’Enza operatori, psicologi, amministratori ed ex abbiano contribuito a mettere in campo un’azione che doveva essere di tutela dei minori in carico ai servizi sociali e che invece si sarebbero resi responsabili di condotte gravissime, sfociate in allontanamenti illeciti di bambini dalle proprie famiglie, in affidi che mai avrebbero dovuto avere luogo.
La rabbia della gente
Dicevamo della rabbia e della stanchezza dei bibbianesi, ma in questi mesi si è fatto strada anche l’orgoglio. Innanzitutto, l’orgoglio degli oltre 40 dipendenti comunali spesso destinatari di quelle telefonate e che comunque hanno portato avanti il proprio lavoro: «C’è un paese che vive, ci sono servizi da garantire ai cittadini, la scuola che ricomincia, il bilancio da approvare», rileva una di questi. «A tutti loro dobbiamo dire grazie — aggiunge l’assessore alla Cultura Matteo Curti — Abbiamo rispettato tutte le scadenze. Se si parla di Bibbiano bisogna parlare di come vivono i bibbianesi». Cristina Giovannini racconta che al mare, nel ferrarese, chiacchierando con i vicini di ombrellone, ha visto occhi sgranati quando ha detto di essere di Bibbiano: «Ne vado fiera: sono nata e cresciuta qui e spero di morirci. E voglio la verità su questa storia». Ad alcuni, in montagna in Trentino o al mare in Sicilia, è stato chiesto dagli stessi albergatori di non dire apertamente di essere di Bibbiano: lo racconta Nabil Abyre, da 8 anni titolare del Bar Carducci.
I love Bibbiano
Caterina Bertoletti dice che a Reggio, nella sala d’aspetto del dentista, indossava, attirandosi sguardi strani, la spilla che è stata prodotta in agosto, in occasione della festa locale dell’Unità al Parco Manara. Doveva essere un momento di coesione per la comunità, di lotta pacifica e silenziosa contro il mare di odio via social, e così è stato: gli accessi in dieci giorni sono stati decine di migliaia, un successo mai visto prima al raduno del Pd. E sulla spilla indossata dai volontari c’era scritto “I love Bibbiano”. «Sono orgoglioso della mia comunità, e anche del fatto che non abbia mai reagito in maniera sbagliata a questi attacchi continui — dice Silvio Panini, volontario Auser — Ci siamo ribellati solo partecipando in massa alle iniziative estive, per dare un segnale di unità».
” I cittadini Ci è arrivato addosso tanto fango ma Bibbiano è molto altro. Anche noi vogliamo la verità ma siamo stanchi dei veleni e delle telecamere ovunque
La figura del sindaco
Sulla figura del sindaco Carletti i commenti si intrecciano e rispecchiano esperienze umane del passato: c’è chi si ricorda di quella volta che «è venuto ai funerali di mio figlio» e chi ripercorre un’iniziativa organizzata insieme. «Una brava persona, è sempre stato presente», dicono in tanti. Ma si parla di un sentimento popolare, che nulla ha a che fare con l’inchiesta che, ancora in fase preliminare, ha visto una conferma dell’impianto accusatorio dal Riesame, che ha sì revocato i domiciliari per Carletti, ma ha parlato di «ritorno politico d’immagine per il sindaco, di adesione al lavoro fatto dai servizi sociali», dicendo che sussiste il pericolo di reiterazione del reato. Alberto Carretti è il capogruppo in Comune della lista Insieme per Bibbiano. È stato tra i primi ad andare ad Albinea, dove Carletti è all’obbligo di dimora. Non riporta quello che si sono detti abbracciandosi, dice però che «è forte, ha una voglia pazzesca di combattere». Non si è mai dimesso, Carletti. La prefettura lo ha sospeso, da prassi. Vuole tornare da sindaco? «Lo deciderà lui. Ma se mai si dimetterà lo farà da uomo libero».