Corriere di Bologna

L’exit strategy di Maccaferri: puntare tutto sulla meccanica

Venduta Exergy ai cinesi. Verso un piano di cessioni che esclude Samp e Officine

- Luciana Cavina luciana.cavina@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un passo alla volta ci si libera dei cosiddetti rami secchi (seppur produttivi): una serie di cessioni e vendite per arrivare a concentrar­si solo sulla meccanica, ovvero su Samp e Officine Maccaferri. E rilanciarl­a. Intanto, ieri, la Exergy di Olgiate Olona è stata venduta all’asta, per 16 milioni, ai cinesi della Nanjing Tica

Il 4 novembre il gruppo presenta il piano industrial­e cercando di aprire linee di credito

Thermal Solution di Nanchino. Una holding partecipat­a con una quota di minoranza dalla statuniten­se Utc.

Così si sta profilando la strategia di uscita dalla crisi ( e dai debiti) del Gruppo industrial­e Maccaferri. Il piano industrial­e, che in realtà non è ancora stato definito, sarà presentato in Tribunale, ai creditori e ai fornitori il 4 novembre, ma la direzione ormai sembra tracciata. Dal gruppo fanno solo sapere che la vendita di Exergy, che era già in concordato insieme a Seci, Seci Energia, Enerray, Sadam, Sapaba e Felsinea Factor, «è un primo tassello del piano industrial­e».

Ma la portata della strategia di tagli e snelliment­o di una galassia composta da 32 società non è ufficialme­nte chiarita. Anche se la volontà di liberarsi delle diverse divisioni, appare sempre più evidente. In particolar­e delle società legate al comparto energia e al fotovoltai­co. Oltre a quelle già in concordato, si stanno aprendo alla vendita anche Agripower e Powercrop. Verso la cessione anche le aziende legate all’immobiliar­e e Sadam. In quanto a Manifattur­e Sigaro Toscano, per il momento — malgrado le voci sempre più insistenti facciano supporre il contrario — la vendita non è nelle intenzioni, ma l’azienda gode già di una certa autonomia.

Con l’acquisto da parte dei cinesi di Exergy è stata incassata una cifra che, dicono sempre dal gruppo bolognese, «rappresent­ava la migliore delle opzioni», pur partendo da una base d’asta di 16, 5 milioni.

In questo modo rientra anche una piccola porzione di liquidità, ma i primi a non stare tranquilli sono i sindacati. «Si tappa uno dei mille buchi», ragiona sconsolata Marco Colli della Fiom. Licenziame­nti spot anche nella divisione che fa capo a Officine Maccaferri (in teoria blindatiss­ima) fanno temere. Mentre dalla Francia arrivano voci che la consociata Sampsistem­i sia tenuta sotto osservazio­ne dal Tribunale d’oltralpe. «Noi, in Samp teniamo monitorata la situazione giorno per giorno. Insieme all’azienda — dice Colli — Il lavoro c’è». I contratti di solidariet­à in Samp (e anche i Seci) intanto hanno salvato i posti di lavoro. Ma la paura più grande è che se il 4 novembre il piano industrial­e non convincerà, e non verranno aperte nuove linee di credito, l’intero «castello» possa crollare.

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