«Oggi in certe zone girano solo trolley Servono regole»
Vito è attore, comico ma anche chef. Sarà di nuovo a Bologna a fine novembre quando porterà alle Celebrazioni «Il borghese gentiluomo» di Molière con la regia di Gabriele Tesauri. Che effetto le fa il nuovo volto di Bologna dopo questi anni di vera e propria invasione di turisti?
«È stato singolare assistere a scene chesi vedevano solo a Venezia o Firenze. Mi riferisco in particolare alla trasformazione del mercato di mezzo e anche di altre zone, prese letteralmente d’assalto».
Non per entrare in un museo, ma per ordinare taglieri.
«Si sa, Bologna offre altre cose. E fra queste c’è il cibo. Comunque vanno anche nei musei: incredibile vedere la fila fuori dalla torre Asinelli, un tempo non ci saliva quasi nessuno. L’impatto visivo più forte è però legato al cibo. Il quadrilatero a un certo punto della giornata cambia aspetto. C’è ancora il mercato lì, ma a una certa ora i negozi tirano fuori sedie e tavolini, li riempiono di taglieri, le strade si affollano e credo che i turisti non capiscano più dove sono seduti, se in un locale o in un altro. Improvvisamente senti odore di Bologna, la mortadella intendo. Strano, ma funziona».
Da gourmet e chef, com’è cambiato il panorama dei ristoranti?
«La situazione rispetto a una decina di anni fa è migliorata. Difficile adesso mangiare male. La concorrenza è un’ottima medicina, nessuno vuole sfigurare, si cercano prodotti e materie prime buone, si curano di più i piatti. E la cosa non si ferma al cibo».
Cioè?
«Ad esempio gli orari. Un tempo era facile la sera sentirsi dire “mi spiace ma la cucina è già chiusa”. Magari non erano ancora le 22 e rimanevi a bocca asciutta. Oggi non è più così, restano aperti fino a tardi e l’offerta è ampia».
Lei ha una casa in centro, in via Mirasole.
«Mirasole non fa parte dei percorsi turistici, non ci sono guide con l’ombrellino, ma ci sono tanti bed & breakfast e Air Bnb. Quando arrivai io, 25 anni fa, era tutto diverso, era un piccolo paese all’interno della città. Capivi che era mezzogiorno perché sentivi l’odore del ragù dei vicini. C’era il fruttivendolo, il panettiere, la latteria e si vedevano girare le sportine con la spesa, oggi girano i trolley. E quindi meno residenti. La cosa è preoccupante».
Anche meno studenti.
«Ci parlavo proprio l’altro giorno e mi dicevano che non trovano case e che andranno in un’altra università: se Bologna perde gli studenti è la fine».
Loro e i residenti creano l’identità della città, che poi è la caratteristica forte di Bologna.
«Il tessuto sociale va preservato. Una cosa è ospitare qualcuno in casa propria e continuare a vivere lì, altro è svuotare appartamenti che davi in affitto a famiglie o studenti per darli a chi sta qui due giorni, consuma e se ne va. Uno è sharing, l’altro no».
Ci sono società immobiliari che svuotano condomini.
«Ci vorrebbe un piano di salvaguardia del Comune, serio e duro. Le cose cambiano, certo, ma bisogna governarle tempestivamente, non dopo».
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Una cosa è ospitare qualcuno in casa propria e continuare a vivere lì, altro è svuotare appartamen ti che davi in affitto a famiglie o studenti per darli a chi sta qui due giorni, consuma e se ne va