Corriere di Bologna

«Oggi in certe zone girano solo trolley Servono regole»

- Fernando Pellerano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Vito è attore, comico ma anche chef. Sarà di nuovo a Bologna a fine novembre quando porterà alle Celebrazio­ni «Il borghese gentiluomo» di Molière con la regia di Gabriele Tesauri. Che effetto le fa il nuovo volto di Bologna dopo questi anni di vera e propria invasione di turisti?

«È stato singolare assistere a scene chesi vedevano solo a Venezia o Firenze. Mi riferisco in particolar­e alla trasformaz­ione del mercato di mezzo e anche di altre zone, prese letteralme­nte d’assalto».

Non per entrare in un museo, ma per ordinare taglieri.

«Si sa, Bologna offre altre cose. E fra queste c’è il cibo. Comunque vanno anche nei musei: incredibil­e vedere la fila fuori dalla torre Asinelli, un tempo non ci saliva quasi nessuno. L’impatto visivo più forte è però legato al cibo. Il quadrilate­ro a un certo punto della giornata cambia aspetto. C’è ancora il mercato lì, ma a una certa ora i negozi tirano fuori sedie e tavolini, li riempiono di taglieri, le strade si affollano e credo che i turisti non capiscano più dove sono seduti, se in un locale o in un altro. Improvvisa­mente senti odore di Bologna, la mortadella intendo. Strano, ma funziona».

Da gourmet e chef, com’è cambiato il panorama dei ristoranti?

«La situazione rispetto a una decina di anni fa è migliorata. Difficile adesso mangiare male. La concorrenz­a è un’ottima medicina, nessuno vuole sfigurare, si cercano prodotti e materie prime buone, si curano di più i piatti. E la cosa non si ferma al cibo».

Cioè?

«Ad esempio gli orari. Un tempo era facile la sera sentirsi dire “mi spiace ma la cucina è già chiusa”. Magari non erano ancora le 22 e rimanevi a bocca asciutta. Oggi non è più così, restano aperti fino a tardi e l’offerta è ampia».

Lei ha una casa in centro, in via Mirasole.

«Mirasole non fa parte dei percorsi turistici, non ci sono guide con l’ombrellino, ma ci sono tanti bed & breakfast e Air Bnb. Quando arrivai io, 25 anni fa, era tutto diverso, era un piccolo paese all’interno della città. Capivi che era mezzogiorn­o perché sentivi l’odore del ragù dei vicini. C’era il fruttivend­olo, il panettiere, la latteria e si vedevano girare le sportine con la spesa, oggi girano i trolley. E quindi meno residenti. La cosa è preoccupan­te».

Anche meno studenti.

«Ci parlavo proprio l’altro giorno e mi dicevano che non trovano case e che andranno in un’altra università: se Bologna perde gli studenti è la fine».

Loro e i residenti creano l’identità della città, che poi è la caratteris­tica forte di Bologna.

«Il tessuto sociale va preservato. Una cosa è ospitare qualcuno in casa propria e continuare a vivere lì, altro è svuotare appartamen­ti che davi in affitto a famiglie o studenti per darli a chi sta qui due giorni, consuma e se ne va. Uno è sharing, l’altro no».

Ci sono società immobiliar­i che svuotano condomini.

«Ci vorrebbe un piano di salvaguard­ia del Comune, serio e duro. Le cose cambiano, certo, ma bisogna governarle tempestiva­mente, non dopo».

Una cosa è ospitare qualcuno in casa propria e continuare a vivere lì, altro è svuotare appartamen ti che davi in affitto a famiglie o studenti per darli a chi sta qui due giorni, consuma e se ne va

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