LA DOMENICA DEI LETTORI
Una Tim da piangere
Una delle scene più divertenti del nostro cinema è quella del film Non ci resta che piangere con Benigni e Troisi, ambientato a Frittole. Due viaggiatori, nell’attraversare il confine su un carro, trovano un doganiere che continua a domandare: «Chi siete? Cosa fate? Cosa portate? Da dove venite? Dove andate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!». Troisi spazientito risolve con un «ma vaffan...» e prosegue il cammino. Tim(o Telecom) è il doganiere di Frittole: la difficoltà di fare segnalazioni tramite call Center, a causa dei lunghi tempi di attesa e della complessità del sistema «Ivr» (un carosello, una giostra, senza fine), l’impossibilità di dialogare con un customer care umano, termina inevitabilmente con lo sfinimento dell’utente ed un «ma vaffan….» Giorni fa sono andato in un punto di vendita Tim per inserire una nuova sim nel mio nuovo smartphone. Avrei potuto adattarla allo slot ridotto, ma ero convinto che ad un cliente storico che restava in Tim sarebbe stata cambiata la sim a costo zero. Mi sbagliavo: mi dicono che
devo pagare 25 €, ma 15 mi saranno restituiti come credito. Sulla mia carta c’era un credito residuo di 8,84 €, più 15 diventavano 23,84 €. Passo il week-end a studiare e configurare il nuovo smartphone (schermo, suoneria, rubriche), senza collegarmi in rete. Un paio di giorni dopo scopro che il mio credito è diventato un debito di 5,98 € e che il cellulare
è bloccato. Quindi Tim, dopo avermi accreditato 15 €, si è ripresa 29,82 €. L’operatore del 119 dice che mi sono state addebitate delle navigazioni e che il tabulato non sbaglia. Contesto che non ho fatto navigazioni ma solo un paio di chiamate di verifica ad un telefono fisso e ad uno mobile (sempre miei) senza rispondere, quindi telefonate