L’uomo e il costruire in mostra al Mast
Fondazione Mast Biennale di Fotografia di Bologna «Tecnosfera»: undici mostre dal 24 ottobre
Dall’antropocene alla tecnosfera. L’impronta dell’attività dell’uomo sulla terra, oggetto della mostra «Anthropocene», ancora in corso al Mast di Bologna fino a gennaio, si prepara a cedere il testimone alla «Tecnosfera», al centro della prossima edizione di «Foto/Industria». La prima Biennale al mondo dedicata alla fotografia dell’industria e del lavoro, promossa dalla Fondazione Mast, tornerà a Bologna per un mese, dal 24 ottobre al 24 novembre.
La quarta edizione (programma su www.fotoindustria.it) si comporrà di dieci mostre disseminate in sedi storiche del centro cittadino e di una al Mast, co-curata da Urs Stahel. Con grandi protagonisti della storia della fotografia come il tedesco Albert Renger-Patzsch, il cui enorme archivio composto da 18mila negativi era andato distrutto nel 1944 durante un bombardamento aereo su Essen, dove all’epoca il fotografo viveva. La sua esposizione «Paesaggi della Ruhr» sarà ospitata dalla Pinacoteca di via Belle Arti. O come l’ungherese André Kertész, che con «Tires/Viscose» sarà a Casa Saraceni in via Farini, sede della Fondazione Carisbo.
Accanto a loro artisti contemporanei come Luigi Ghirri con «Prospettive industriali» a Palazzo Bentivoglio, Armin Linke con «Prospecting ocean» alla Biblioteca Universitaria di via Zamboni e il belga David Claerbout con «Olimpia» da Spazio Carbonesi. L’Oratorio di Santa Maria della Vita, in via Clavature, ospiterà invece la mostra «Porto di Genova» di Lisetta Carmi, oggi novantacinquenne e autrice della storica immagine di Ezra Pound ritratto sulla porta di casa. «Ho girato tutto il mondo - racconta - ma le mie immagini più famose restano quelle scattate a poche centinaia di metri da casa, in via dell’Orto a Genova».
Non mancheranno alcuni giovani autori, anche se già affermati sulla scena internazionale, come il trentasettenne svizzero Matthieu Gafsou, arrivato alla fotografia dopo studi di filosofia e letteratura. In «H+», a Palazzo Pepoli Campogrande, coniugherà le sue immagini con approcci filosofici come il «transumanesimo», legati alla scienza e alla tecnologia e a temi come protesi, integratori alimentari, realtà virtuale e biohacking.
Un’altra protagonista sarà la filippina Stephanie Syjuco che in «Spectral City», al Mambo, ripercorre il percorso seguito nel film del 1906 A Trip Down Market Street dei Miles Brothers, girato a San Francisco usando una macchina fotografica in bianco e nero legata a una funivia. La versione di Syjuco riprende quell’itinerario ma utilizzando il programma Google Earth Vision per attraversare la città. Le immagini deformate di edifici cittadini e monumenti municipali, rese completamente vuote da corpi e attività della comunità, stimolano una riflessione sulla riorganizzazione dello spazio civico.
Altre mostre saranno «A certain collector B» di Yosuke Bandai al Museo della Musica e «Arquivo urbano» dell’angolano Délio Jasse alla Fondazione del Monte, alternando tecniche che vanno dagli usi più puri e tradizionali della fotografia alle sperimentazioni più innovative.
Il focus di «Foto/Industria 2019» sarà il tema del costruire. Un’azione esplorata a tutto tondo, dalle sue radici storiche e filosofiche agli inevitabili risvolti scientifici. Dalle città alle industrie, dalle reti energetiche a quelle infrastrutturali, dai sistemi di comunicazione alle reti digitali, verrà indagato il complesso sistema dinamico del fare che caratterizza la presenza dell’uomo sul pianeta. Attività che danno forma alla tecnosfera, termine coniato nel 2014 dal professor Peter Haff, specialista in geologia e ingegneria civile ambientale della Duke University. Per Haff, la tecnosfera costituisce un nuovo paradigma globale emergente che definisce la presenza di un nuovo strato del pianeta, costituito da elementi quali comunicazione, trasporto, burocrazia e da sistemi che agiscono insieme per metabolizzare i combustibili fossili e altre fonti energetiche, allo scopo di costruire nuovi spazi e oggetti.
La tecnosfera include tutte le strutture che l’uomo ha progettato, come edifici, piste e ponti, insieme a gadget, computer, vestiti e libri. Questo strato artificiale della superficie terrestre contiene a sua volta tutti i rifiuti e le macerie che l’uomo genera come risultato delle sue attività umane di tipo industriale, minerario e domestico. Come conferma il nuovo direttore artistico succeduto a François Hébel, il quarantenne milanese Francesco Zanot, «la vastità dell’intervento umano sull’ambiente e su ogni cosa che lo circonda è resa evidente dalla diversità dei soggetti e dei luoghi rappresentati nelle immagini degli autori. Macchina fondamentale per fabbricare l’immaginario degli ultimi due secoli e aggiornarlo costantemente, la fotografia è allo stesso tempo un indispensabile strumento di ricerca e un prodotto dell’inestinguibile bisogno dell’uomo di cambiare, e rivedere, il mondo».
Francesco Zanot La vastità dell’intervento umano sull’ambiente è resa evidente dalla diversità dei soggetti e dei luoghi rappresentati nelle immagini degli autori