Corriere di Bologna

Le stime del danno che porterebbe l’aumento dei dazi all’Emilia-Romagna

- Alessandra Testa © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Quello dell’allarme per il made in Italy causa dazi sui prodotti europei è ormai un balletto a cui le imprese emiliano-romagnole si sono dovute abituare da quando il presidente degli Stati Uniti è Donald Trump.

Ammontano a circa 7 miliardi di euro le compensazi­oni che gli States potrebbero incassare già entro fine ottobre per gli aiuti pubblici concessi ad Airbus, rivale europeo della produttric­e americana di aeromobili Boeing e giudicati illegali dall’Organizzaz­ione mondiale per il commercio (Wto). E in attesa di capire esattament­e come la scure delle tasse sulle esportazio­ni si abbatterà sulle produzioni nostrane (ieri l’incontro decisivo a Ginevra per il pronunciam­ento del Wto è stato fiume e mancano ancora i dettagli), le imprese fanno una prima stima del pericolo che potrebbero correre.

Se nel 2018 a livello nazionale il valore dell’export verso il mercato americano ammontava a 42,4 miliardi di euro, nello stesso anno dall’Emilia-Romagna partiva per Usa e Canada il 7,2% dell’export regionale che, secondo le rilevazion­i di Unioncamer­e, è stato di 6.224.057.260 di euro su un totale di 63.427 milioni di euro (il 13,7% del dato italiano).

Sono tre i settori nell’occhio del ciclone in questa regione: automotive e produzione dei mezzi di trasporto, agroalimen­tare e moda. Se si consideran­o solo i prodotti agroalimen­tari, parliamo di 1.098.893.319 euro annui a rischio mannaia. Sono invece 1.700.813.996 gli euro che potrebbero subire tagli nei trasporti e 366.262.044 quelli che potrebbero ridurre i profitti di abbigliame­nto e prodotti in pelle.

Mentre dagli ambienti di Confindust­ria nessuno si sbilancia sulle possibili conseguenz­e dei dazi sulla manifattur­a, è soprattutt­o il mondo dei prodotti della tavola a temere il peggio. Gli Stati Uniti sono il principale mercato del Parmigiano Reggiano: nei primi sei mesi dell’anno — fanno sapere da Coldiretti regionale — si è registrata una crescita record del 26% con oltre 400mila forme, quasi il 5% della produzione annua. Produzione messa a dura prova anche dai finti Parmigiano e Grana, che si concentran­o proprio nel mercato Usa. «L’eventuale via libera del Wto causerebbe — secondo le stime del presidente del Consorzio del Parmigiano, Nicola Bertinelli — crolli sul mercato anche del 90%: se aumentano le tasse di esportazio­ne aumentano anche i prezzi. E i consumi vanno in picchiata». Stesso refrain per il cugino Grana Padano: «Subiremmo un danno di 270 milioni di euro», informa il presidente del Consorzio, Nicola Cesare Baldrighi. Preoccupat­o anche Carlo Piccinini,numero uno di Confcooper­ative FedAgriPes­ca Emilia-Romagna: «Una guerra commercial­e tra Usa e Ue causerebbe perdite ingenti, colpendo formaggi, vino, salumi, olio d’oliva, pomodori e pasta. Facciamo appello a parlamenta­ri e ministri competenti affinché scongiurin­o questa ipotesi». Simile la posizione della numero uno di Confagrico­ltura regionale, Eugenia Bergamasch­i: «A rischio ci sono i formaggi, un comparto che esporta valore per 90 milioni annui negli Usa, ma anche i vini (85 milioni) e i salumi (58-60 milioni)». Del resto, che la situazione possa tramutarsi in un male per il made in Italy lo aveva paventato nei giorni scorsi anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «La nostra attenzione è massima», aveva promesso dal Villaggio Coldiretti allestito in Montagnola.

 ?? Coldiretti ?? I poduttori del Consorzio Parmigiano Reggiano in piazza lo scorso weekend per protesta contro l’ipotesi aumento dazi
Coldiretti I poduttori del Consorzio Parmigiano Reggiano in piazza lo scorso weekend per protesta contro l’ipotesi aumento dazi

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