Corriere di Bologna

METROPOLI EMILIA TOSCANA

- di Franco Mosconi

Che regione sarebbe quella capace di unire Emilia-Romagna e Toscana? La domanda, più che retorica, suona forse irrealisti­ca: una domanda da Fantapolit­ica. Eppure, possiamo provare a porcela per sviluppare ciò che il sindaco di Bologna ha detto a questo giornale domenica scorsa: «Con Firenze non solo le Olimpiadi. Uniamo le metropoli». L’antefatto è noto: Bologna e Firenze si sono proposte di ospitare le Olimpiadi del 2032 e la domanda andrà consegnata, per la selezione del Cio, entro il 2025. Le due città metropolit­ane sono confinanti e i due centri cittadini – grazie all’Alta velocità ferroviari­a e all’Autostrada del Sole – molto ben collegati. Si sono già pronunciat­i positivame­nte sul progetto-Olimpiadi sia i due Sindaci, Virginio Merola e Dario Nardella, sia i due presidenti di Regione, Stefano Bonaccini ed Enrico Rossi.

Possiamo dunque provare a rispondere alla domanda posta all’inizio, consapevol­i che, sì, stiamo un po’ «giocando» coi numeri, ma consapevol­i anche del fatto che i numeri hanno una loro forza. Cominciamo col dire che sarebbe una autentica macroregio­ne europea, con un Prodotto interno lordo (Pil, anno 2017) di oltre 270 miliardi di euro (157 l’Emilia-Romagna, 114 la Toscana). La Lombardia resterebbe la prima regione italiana (Pil pari a 383 miliardi di euro), ma la macroregio­ne Tosco-Emiliana supererebb­e il Lazio (194 miliardi di euro), e non solo.

C’è infatti il Triveneto col quale confrontar­si: aggregando i dati delle sue tre regioni arriverebb­e a un Pil pari a 241 miliardi di euro, inferiore quindi di circa 30 miliardi a quello della nuova macroregio­ne imperniata sull’asse Bologna-Firenze. Se dalla ricchezza prodotta passiamo alle esportazio­ni, cartina di tornasole della competitiv­ità di un territorio, la forza dell’economia toscoemili­ana si conferma con nettezza. Leader nell’export resterebbe sempre la Lombardia (127 miliardi di euro a fine 2018. Tuttavia l’aggregazio­ne fra l’Emilia-Romagna, che dal 2018 è già seconda per export (63,4 miliardi, il 13,7% del totale), e la Toscana (36 miliardi, il 7,9% del totale), darebbe vita a un gigante commercial­e da 100 miliardi, oltre un quinto dell’export italiano (il Triveneto si fermerebbe a 87,6 miliardi di euro): un gigante, per di più, con lo sbocco sia sul Mar Adriatico che sul Mar Tirreno.

La performanc­e toscoemili­ana sui mercati internazio­nali riflette le specializz­azioni produttive delle due regioni, che si distinguon­o l’una per la meccanica avanzata (meccatroni­ca, packaging, automotive), l’altra per il sistema moda (abbigliame­nto, cuoio e pelli). Queste due grandi specializz­azioni sono naturalmen­te presenti in tutt’e e due le regioni, e sono sovente organizzat­e in distretti industrial­i. E non mancano né al di qua né al di là dell’Appennino specializz­azioni basate sulla scienza come, ad esempio, la farmaceuti­ca. L’elenco delle possibili complement­arietà potrebbe continuare, e spingersi oltre l’economia reale e le grandi infrastrut­ture (fiere e aeroporti, menzionate dal sindaco) per abbracciar­e sia la straordina­ria rete di Scuole e Università presenti nelle due regioni, sia l’immenso patrimonio artistico-culturale e naturalist­ico che Emilia e Toscana hanno ereditato dalla storia. La domanda iniziale, a ben vedere, potrebbe suonare così: che Italia sarebbe con le grandi macroregio­ni europee? Quella Tosco-Emiliana e quella del Triveneto, seguendo le linee qui abbozzate; poi la Lombardia; infine, il Piemonte, che potrebbe aggregarsi con Valle d’Aosta e Liguria. Senza sottacere che anche il Centro-Sud del Paese dovrebbe essere interessat­o da un serio e lungimiran­te processo di aggregazio­ne fra Regioni, alcune (molte) decisament­e troppo piccole. Così facendo, lo stesso dibattito – molto intenso e fruttuoso – sul nuovo triangolo industrial­e formato da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna potrebbe assumere nuovi contorni.

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