Le piogge che hanno fatto bene «Questa sarà un’ottima annata»
Il calo di produzione non preoccupa. Il rilancio del Pignoletto
Per molti il clima pazzo di quest’anno è stata una iattura, ma non per i viticoltori. «Alle volte sulla vite non è così negativo. Penso alle piogge di maggio, sono state provvidenziali. Oppure le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, molto importanti per la formazione degli aromi». Insomma, una vendemmia seppur non ancora conclusa ma che «rasenta la perfezione» per il presidente del Consorzio Vini di Romagna Giordano Zinzani.Non è il solo a lasciarsi andare a commenti così entusiastici, pure nel bolognese e nelle terre del Lambrusco regna l’euforia. La quantità è calata un po’ ovunque del 2530%, anche per l’abbondante produzione dell’anno scorso, ma i vignaioli non sembrano preoccuparsene più di tanto.
Nei Colli Bolognesi per le uve a bacca bianca (Pignoletto, Sauvignon, Pinot bianco, Chardonnay) la raccolta è praticamente conclusa, mentre per quelle a bacca rossa (Barbera, Cabernet Sauvignon, Merlot) serviranno ancora un altro paio di settimane. «Una vendemmia normale», dice Giacomo Savorini, direttore del Consorzio Vini Colli Bolognesi. Ed è una buona notizia, dopo le ultime annate un po’ particolari. «Basti pensare al 2017, segnato da una siccità che non si ricordava da decenni». Savorini prevede «un’ottima annata» sia per il Pignoletto che i per i rossi bolognesi, e pure in Romagna il Sangiovese gode di ottima salute. «Forse per raggiungere la perfezione quest’anno manca un po’ di acidità — sostiene Zinzani — , sono vini abbastanza morbidi che forse faranno fatica a evolversi negli anni. Ma è tutto ancora da vedere». L’acidità, fondamentale per la struttura del vino e per equilibrare la presenza degli zuccheri, sembra essere invece ben presente nel Lambrusco, in tutte le sue tipologie (Salamino, Sorbara e Grasparossa).
«A livello qualitativo — spiega Ermi Bagni, direttore dei Consorzi dei Lambruschi Modenesi — siamo in linea con il 2018, forse il 2019 si presenterà con colori meno accesi». In Romagna fa molto sperare anche l’Albana, «maturata bene nei grappoli e che sarà assai profumata e già pronta nei prossimi mesi», prevede Zinzani. A maggior ragione nella sua versione passita, la vera eccellenza di questa regione.
Così come sono molto alte le aspettative pure per il Trebbiano, soprattutto nella versione spumante metodo classico. A proposito di metodo classico (tramite la rifermentazione in bottiglia), nei Colli bolognesi è in corso una sperimentazione per il Pignoletto, finora quasi sempre prodotto con il metodo Charmat (rifermentazione in autoclave). Si cerca dunque un salto di qualità per la bollicina bolognese, molto amata in regione ma che trova ancora qualche difficoltà a imporsi con successo nel resto d’Italia, al contrario del Lambrusco, che negli ultimi anni sta riscuotendo un ottimo successo pure nella versione metodo classico.
Il progetto al momento vede impegnate una decina di aziende nel bolognese, e quindi sicuramente a breve il Pignoletto metodo classico non sarà in commercio. Ma per il momento Savorini è più che soddisfatto perché «i primi dati delle analisi sono inaspettatamente positivi». Lo scoglio da superare sarà di tipo economico, «perché il Pignoletto ha una buccia molto importante, la resa è molto bassa», di conseguenza il costo tenderà a salire. E per un vino che si è fatto apprezzare anche per il suo rapporto qualità prezzo, importante sarà capire se questo equilibrio non verrà troppo stravolto.
Un po’ più indietro è invece il tentativo di rilanciare vitigni autoctoni bolognesi, come il Negrettino (a bacca rossa) e l’Alionza (a bacca bianca), la cui coltivazione da tempo è stata abbandonata e che ora alcuni vignaioli, soprattutto in Valsamoggia, stanno provando a recuperare. «È in corso una fase di studio e di osservazione, stiamo riscoprendo una storia che non conosciamo ancora bene. Per capirci: riguardo al Negrettino la discussione è se produrlo in purezza o meno, per l’Alionza — conclude Savorini — se fermo o spumante».