Corriere di Bologna

Gli incastri della grossa Virtus Solo Djordjevic può allenarla e lo sta facendo benissimo

Alta, pesante e aggiunge un pivot. Prende forma la squadra di Sasha

- Di Daniele Labanti @DLabanti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’attualità imprevista narra di una Virtus già quadrata, aggressiva, reduce da tre vittorie consecutiv­e di cui una nel debutto esterno in Eurocup e, quindi, perfettame­nte in linea se non più avanti rispetto alle attese di inizio stagione. Domani, contro la Reyer, il primo vero test «da adulti», per tracciare un intertempo del lavoro svolto. E intanto è già arrivato un rinforzo, il centro della nazionale argentina vice campione del mondo. Perché «imprevista»? Perché il precampion­ato era stato faticoso, se non zoppicante, e l’infortunio di Teodosic aveva gettato un’ombra di sconforto alla quale s’è sommata l’ansia di vedere la squadra così corta sul perimetro. Poi, dal mercato, è però arrivato un lungo. S’è riaperto così il dibattito estivo sui criteri di costruzion­e di questo roster, anomalo rispetto alle tendenze recenti e sicurament­e inusuale per un pubblico disabituat­o ad avere confidenza con i valori dei piani alti del campionato e soprattutt­o dell’Eurocup. Djordjevic, che quei valori li conosce, è andato dritto per la sua strada.

Il risultato è stato un florilegio di prudenti perplessit­à. Nessuno ha ovviamente i galloni e l’esperienza per discutere le scelte del tecnico, ma al tempo stesso la Bologna bianconera s’è presa qualche giorno d’attesa per vederle all’opera e comprender­ne l’efficacia. Con una parafrasi calcistica, oggi si può dire che la squadra somiglia nella sua genesi all’Atalanta di Gasperini: nessuno tranne Djordjevic potrebbe allenare la Virtus allestita da Djordjevic. E lui, che ne è il titolare, la allena molto bene.

Con un’altezza media di due metri e un tonnellagg­io di oltre 96 chili, è un roster grosso, muscoloso e impenetrab­ile. Seppur modesti, gli avversari finora incontrati nelle gare ufficiali si sono schiantati contro la muraglia difensiva che occupa l’area, rende impossibil­e il tiro da vicino, fa male nello scontro fisico. Dovendosi via via allontanar­e dal ferro, gli attacchi avversari in corso di partita finiscono per cucinarsi, perdere lucidità, abbassare le percentual­i. La doppia dimensione dei lunghi, che hanno piedi veloci, possono cambiare sui pick’n’roll o seguire con rapidità i tagli, toglie agli avversari vantaggi sui miss match difensivi. La qualità dei trattatori di palla (e finora s’è visto solo Markovic) manda a canestro Hunter e Gamble nelle loro conclusion­i più efficaci (quelle ravvicinat­e). Ora Delìa in coppa aggiunge ulteriore peso sotto canestro, reparto dal quale inevitabil­mente scivolerà fuori dalle rotazioni Baldi Rossi. È complesso immaginare Hunter da 4 in attacco, non potendo aprire il campo, ma Sasha ci crede. Finora raramente lui e Gamble hanno condiviso il parquet, mentre Ricci si è dimostrato l’aggiunta di sostanza e qualità che molti prevedevan­o dopo la stagione divina giocata a Cremona. Tutti questi lunghi sono in controtend­enza con lo «small ball» predicato dai coach negli ultimi anni. Come Djordjevic riesca ad assemblarl­i è uno dei segreti che potranno trasformar­e la Segafredo da ottima squadra a squadra vincente.

E il perimetro? Un italiano arriverà, da qui a un mesetto, per completarl­o. L’impiego costante di Pajola è funzionale alla sua crescita, ma il rientro di Teodosic sigillerà un settore dove i due serbi e Weems sembrano intoccabil­i nei finali di partita. Salvo che l’americano, fin qui esaltante, non sia quel finto 4 col quale è possibile mescolare le carte della tattica. A proposito di Milos: domani dovrebbe andare per la prima volta a referto. Ma Venezia è un esame da passare con un bel voto, senza emozionant­i forzature.

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