I primi 30 anni della Cantina Bentivoglio
Un mese di festeggiamenti in via Mascarella. Domenica il Piero Odorici Quartet
Dietro al tavolone, seduti uno accanto all’altro, ieri era come se si fossero palesate tutte le primavere. Giovanni Serrazanetti, che trent’anni fa si inventò – sì, è la parola giusta – la Cantina Bentivoglio, accanto a Jimmy Villotti. E poi Paolo Fresu, Alberto Armaroli, la «nuova leva», e Vincenzo Cappelletti, l’altro inventore del locale di via Mascarella. Il ghiaccio lo rompe Serrazanetti. «Compiere 30 anni significa avere anche spalle un po’ ingobbite», dice. «Quando iniziammo, avevamo due idee in testa: la prima era che la musica doveva esserci sempre. Volevamo caratterizzarci e questo rappresentava bene la Cantina Bentivoglio».
La musica doveva anche essere jazz di grande qualità. Da qui, l’enogastronomia. Che doveva essere all’altezza. Perché gli strumenti erano gli stessi: «La musica e quello che si mette in bocca». I siparietti, spontanei come un’improvvisazione, non si fanno attendere. Pazienza se le date precise non si ricordano. «Era inizio ottobre 1989, comunque». «Chi c’era a suonare?», chiede Villotti. «Ma c’eri tu, somaro. Tu, il vate dei musicisti bolognesi. Lo disse Dalla», replica Serrazanetti. «Non ricordavo». Ma non è vero. «Sono stato il primo a suonare qui e in questa storia c’è un aspetto emotivo-passionale e uno sociale». Ovvero la Bologna che si è aperta al turismo, la città della musica.
Il mese di celebrazioni sarà intenso. A cadenza settimanale, si va dal 13 ottobre con il Piero Odorici Quartet che vede, tra gli altri, Roberto Gatto alla batteria, all’immancabile Jimmy Villotti con la sua chitarra e il suo Power Quartet. In chiusura del mese, invece, il 27, in collaborazione con Bologna Jazz Festival, sarà la volta del ZZ International Quartet. I trenta anni continueranno a novembre, ancora intrecciati con il BJF. E tutto questo mentre la programmazione consueta non cambia di una virgola, ospitando cioè live tutte le sere tranne la domenica (prenotazione consigliata: 051/265416). E tra le curiosità, una masterclass con il grande Barry Harris.
L’assessore alla Cultura Matteo Lepore ammette un debito di riconoscenza verso lo storico jazz club. «Ho imparato cos’è il jazz venendo qui. Vidi Paoli a mezzo metro da me: un’emozione unica». Lepore ricorda poi l’importanza data ai giovani. Come Alberto Armaroli. «Quando mi è stato proposto provai paura: fu un bel colpo, ma mi stanno tirando su bene».
Paolo Fresu è in tripla veste. Perché, oltre al trombettista che si è esibito tante volte alla Bentivoglio, e al suo ruolo di presidente dell’Associazione nazionale dei jazzisti italiani è «soprattutto un amico». Impegnato in un progetto per favorire la musica nelle scuole in parte nato qui, sostiene che «poche città sono come Bologna. A volte neanche a Parigi si trova tanta ricchezza musicale». E se lo dice un artista che divide la sua vita tra Bologna, la Sardegna e Parigi c’è da credergli.
Ricordi? Qui è passato il gotha: Winton Marsalis, Phil Woods, Lee Konitz, Enrico Rava, Stefano Bollani, Nicola Arigliano, Cedar Walton. Per elencarli ci vorrebbe un libro. Ma un ricordo su tutti? Serrazanetti cita Winton Marsalis. «Traducevo dall’inglese per lui per un concerto al Medica. Andai nel backstage, teneva lezioni di tromba ai musicisti prima del live. Mi chiese: se dopo vogliamo suonare ancora, dove si va? L’ho preso e portato alla cantina. Tre giorni dopo aveva un concerto a Berlino con la Berliner Philharmoniker: beh, rimase qui tre serate a suonare, partì all’ultimo. Era il 2003, forse il 2002». Era marzo del 2001, ma è relativo.