LE CITTÀ INVISIBILI
Il Comune ha presentato ieri la terza edizione del Bilancio partecipativo, un caso amministrativo di successo, che questo giornale ha ampiamente raccontato e che finora ha coinvolto nel voto per i singoli progetti di quartiere 30mila bolognesi. Il meccanismo è sempre lo stesso: i cittadini presentano dei progetti e poi si vota online sulle proposte e i migliori vengono finanziati dal Comune. L’assessore Matteo Lepore ha raddoppiato il budget portando lo stanziamento complessivo fino a due milioni. La metà dello stanziamento servirà a finanziare i progetti più strutturali per riqualificare giardini, spazi pubblici, arredi e attrezzature. L’altra metà servirà a finanziare progetti sui servizi e sull’ambiente per i quali il Comune metterà subito a disposizione le risorse. I tempi si sono dilatati un po’ e di fatto si è saltato un anno ma la formula scelta è intelligente perché consente di risolvere in parte il principale problema di questo giocattolo civico: i tempi della burocrazia. Tanto per capirci: i primi progetti del 2017 stanno arrivando a dama solo in questi mesi e nessuno è stato ancora finito del tutto. La possibilità di presentare progetti più veloci aiuterà a non disperdere l’entusiasmo di chi partecipa e poi non riesce a vedere i frutti del suo lavoro.
Perché quel capitale di 30mila persone che ha scelto di esserci non va disperso; l’alchimia che si è creata è qualcosa di fragile che va preservato. È perfino superfluo spiegare l’immenso capitale civile che si annida in un gruppo di cittadini che si deve trovare la sera per costruire qualcosa insieme per la propria comunità, che poi va a fare i banchetti fuori dalle scuole per sponsorizzare la propria idea e che soprattutto vede in una fontana, in un giardino illuminato o in un centro sociale realizzato, il frutto del lavoro. Forse sarebbe anche il caso di avviare una comunicazione più efficace per estendere ancora di più la partecipazione dei cittadini a questi progetti di vicinato. Provate ad andare a cena con qualcuno e spiegare questo piccolo miracolo dal basso usando le parole «Bilancio partecipativo». Dagli sguardi di chi vi ascolta comprenderete che non hanno capito. Poi quando comincerete a spiegare che si tratta di progetti che vengono votati online in una vera e propria gara, le facce che avete davanti si illuminano. Quello che succederà nei prossimi mesi è qualcosa che ha a che fare con la felicità delle piccole cose o perlomeno con la politica delle piccole cose e per questo serve davvero trovare parole nuove per fare arrivare la voce a chi è rimasto fuori dall’esperimento. Quando tra molti anni si uniranno tutti i puntini, a partire dai dodici progetti vincitori delle prime due edizioni, si avrà un’altra città che ora è invisibile. Anche perché, per dirla con Calvino, «le città future sono già contenute nelle presenti come insetti nella crisalide».