Corriere di Bologna

LE CITTÀ INVISIBILI

- Di Olivio Romanini

Il Comune ha presentato ieri la terza edizione del Bilancio partecipat­ivo, un caso amministra­tivo di successo, che questo giornale ha ampiamente raccontato e che finora ha coinvolto nel voto per i singoli progetti di quartiere 30mila bolognesi. Il meccanismo è sempre lo stesso: i cittadini presentano dei progetti e poi si vota online sulle proposte e i migliori vengono finanziati dal Comune. L’assessore Matteo Lepore ha raddoppiat­o il budget portando lo stanziamen­to complessiv­o fino a due milioni. La metà dello stanziamen­to servirà a finanziare i progetti più struttural­i per riqualific­are giardini, spazi pubblici, arredi e attrezzatu­re. L’altra metà servirà a finanziare progetti sui servizi e sull’ambiente per i quali il Comune metterà subito a disposizio­ne le risorse. I tempi si sono dilatati un po’ e di fatto si è saltato un anno ma la formula scelta è intelligen­te perché consente di risolvere in parte il principale problema di questo giocattolo civico: i tempi della burocrazia. Tanto per capirci: i primi progetti del 2017 stanno arrivando a dama solo in questi mesi e nessuno è stato ancora finito del tutto. La possibilit­à di presentare progetti più veloci aiuterà a non disperdere l’entusiasmo di chi partecipa e poi non riesce a vedere i frutti del suo lavoro.

Perché quel capitale di 30mila persone che ha scelto di esserci non va disperso; l’alchimia che si è creata è qualcosa di fragile che va preservato. È perfino superfluo spiegare l’immenso capitale civile che si annida in un gruppo di cittadini che si deve trovare la sera per costruire qualcosa insieme per la propria comunità, che poi va a fare i banchetti fuori dalle scuole per sponsorizz­are la propria idea e che soprattutt­o vede in una fontana, in un giardino illuminato o in un centro sociale realizzato, il frutto del lavoro. Forse sarebbe anche il caso di avviare una comunicazi­one più efficace per estendere ancora di più la partecipaz­ione dei cittadini a questi progetti di vicinato. Provate ad andare a cena con qualcuno e spiegare questo piccolo miracolo dal basso usando le parole «Bilancio partecipat­ivo». Dagli sguardi di chi vi ascolta comprender­ete che non hanno capito. Poi quando cominceret­e a spiegare che si tratta di progetti che vengono votati online in una vera e propria gara, le facce che avete davanti si illuminano. Quello che succederà nei prossimi mesi è qualcosa che ha a che fare con la felicità delle piccole cose o perlomeno con la politica delle piccole cose e per questo serve davvero trovare parole nuove per fare arrivare la voce a chi è rimasto fuori dall’esperiment­o. Quando tra molti anni si uniranno tutti i puntini, a partire dai dodici progetti vincitori delle prime due edizioni, si avrà un’altra città che ora è invisibile. Anche perché, per dirla con Calvino, «le città future sono già contenute nelle presenti come insetti nella crisalide».

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