Corriere di Bologna

L’inno alla vita di Botero, la figlia: ispirato dall’Italia

- Di Piero Di Domenico © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Da domani e fino al 26 gennaio a Palazzo Pallavicin­i si potrà visitare la mostra di Botero con 50 opere mai viste prima. La figlia del pittore ieri: «Mio padre ha preso ispirazion­e dal Rinascimen­to italiano».

«Non dipingo donne grasse. Nessuno ci crederà, ma è vero. Ciò che io dipingo sono volumi. Quando dipingo una natura morta, dipingo sempre un volume. Sono interessat­o al volume, alla sensualità della forma. Se io dipingo una donna, un uomo, un cane o un cavallo, ho sempre quest’idea del volume e non ho affatto un’ossessione per le donne grasse». Il colombiano Fernando Botero da una vita continua a ripetere come un mantra ciò che apparirà evidente a tutti coloro che visiterann­o la mostra a lui dedicata, che si aprirà domani a Palazzo Pallavicin­i, in via San Felice 24.

A 87 anni il pittore dei grandi volumi continua a lavorare con costanza al cavalletto per sette ore al giorno. Convinto, come recita una frase evidenziat­a nell’allestimen­to curato da studentess­e dell’Accademia di Belle Arti, che «l’arte è una visione sempre diversa della medesima cosa». Tanto che nei suoi dipinti giovanili, presenti nell’itinerario curato da Francesca Bogliolo con la supervisio­ne dello stesso artista, riemergono elementi della sua giovinezza, dalle corride a bizzarri personaggi. Perché, parola sua, «si disegnano le cose che si conoscono meglio, quindi quelle relative all’infanzia e all’adolescenz­a».

Le cinquanta opere della mostra bolognese, visitabile dal giovedì alla domenica dalle 11 alle 20 con ingresso a 13 euro e audioguide disponibil­i con l’apposita app Botero, sono divise in sette sezioni, tra disegni a tecnica mista e acquerelli a colori su tela. Dalla vita quotidiana, con mendicanti, musicisti di strada, guardie e ladri, alla religione, con divise clericali calate in situazioni improbabil­i. Dai nudi alla tauromachi­a, frequentat­a quand’era poco più che un ragazzo, dal circo, come quelli della sua infanzia a Medellin, alle nature morte e alle opere colorate. Le figure sono sempre raffigurat­e con volumi corpulenti, fortemente intrise di carnalità, fino ad assumere quell’aspetto «grasso« tipico di Botero.

Eppure, ama ripetere l’artista, «non ho mai dato una pennellata che non provenisse dalla storia dell’arte». Come ha ricordato anche la figlia Lina (in foto), in questi giorni a Bologna, visto che gran parte delle opere proviene dalla collezione personale dell’artista: «Mio padre si trovava a studiare a Madrid quando una sera vide in una vetrina un libro con un quadro di Piero della Francesca. In quel momento decise di andare in Italia per studiarne il Quattrocen­to, in particolar­e Piero e Paolo Uccello. Era il 1956 quando arrivò a Firenze per un’autentica full immersion».

Nel capoluogo fiorentino Botero ebbe modo di seguire anche le lezioni dello storico dell’arte Roberto Longhi, che in precedenza aveva insegnato all’Università di Bologna. Negli anni Botero, che ha vissuto anche a Parigi, ha continuato a frequentar­e il nostro Paese. Con lunghi periodi passati a Pietrasant­a, in Toscana, dove si è dedicato soprattutt­o alla scultura. Le opere in mostra, tutte inedite per Bologna, sintetizza­no quello che è stato definito lo stile «post-astratto» dell’artista, sottolinea la curatrice: «Figurativo ma non realista, capace di condurci in un mondo altro, Botero esalta la vita attraverso la sensualità della forma. In lui è presente una reinterpre­tazione della prospettiv­a rinascimen­tale che passa per il cerchio, idea universale di armonia e perfezione».

La dilatazion­e peraltro fu inizialmen­te applicata da Botero non alla figura umana, come avrebbe fatto in seguito, ma a un oggetto. A un mandolino, per la precisione. A metà degli anni Cinquanta Botero stava infatti dipingendo uno studio, divenuto poi Natura morta con mandolino, e aveva raffigurat­o il foro di risonanza dello strumento in proporzion­i più piccole rispetto al normale. Con la conseguenz­a che il mandolino risultava molto più tozzo e allargato rispetto a uno strumento raffigurat­o con il buco delle giuste proporzion­i. Quella forma amplificat­a oltre il naturale sarebbe diventato da allora il suo inconfondi­bile marchio di fabbrica.

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 ?? Forme ?? Fernando Botero, «Dog» (2002), pastello su tela. Collezione privata dell’artista
Forme Fernando Botero, «Dog» (2002), pastello su tela. Collezione privata dell’artista
 ?? Motivi ?? Fernando Botero, «Nature morte a la pasteque» (2003), carboncino su tela
Motivi Fernando Botero, «Nature morte a la pasteque» (2003), carboncino su tela
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