Affidi, la Regione corre ai ripari
Dopo il caso Bibbiano e l’appello del presidente del Tribunale del Pratello che ha denunciato carenze e clima pesante Si pensa di affiancare gli assistenti sociali con un’equipe terza. Il dirigente: così meno errori
«Gli assistenti sociali sono lasciati soli». E ora la Regione, dopo il crollo degli affidi denunciato dal presidente del Tribunale minorile Spadaro, pensa di dotare i capoluoghi di provincia di «équipe di secondo livello che affianchino gli operatori nei casi di dubbia interpretazione», dice Passarini, dirigente delle Politiche sociali di viale Aldo Moro. E la garante dell’infanzia, Garavini, fa un appello: «Le responsabilità siano divise tra assistenti sociali e psicologi».
Ci sono i dati, di cui si avrà contezza fra un po’. E poi ci sono le percezioni e le informazioni di prima mano che arrivano dagli operatori, da cui si possono già trarre le prime impressioni: la disponibilità di famiglie affidatarie è in forte calo. Non era una realtà che andava a gonfie vele prima; Bibbiano ha assestato in pratica il colpo di grazia. Lo ha detto il presidente del Tribunale minorile Giuseppe Spadaro. Lo confermano il dirigente del servizi politiche sociali e socio-educative di viale Aldo Moro, Gino Passarini, e la garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Clede Maria Garavini. Che
a qualche perché, comunque andrà l’inchiesta giudiziaria
eT emoni», qualche correttivo al sistema degli affidi secondo loro sarebbe bene apportarlo.
In Emilia-Romagna, nel 2017 (sono gli ultimi dati regionali disponibili, ndr) sono andati in affido 1.529 bambini. «Ma l’affido — precisa Passarini — è un mondo vasto e sarebbe bene conoscerlo prima di parlarne a sproposito come è stato fatto vergognosamente durante il caso Bibbiano che, al di là dell’inchiesta, è stata un’operazione becera in cui si sono additati i servizi sociali e le famiglie affidatarie come collusi per togliere i minori alle famiglie ».
Perché dentro l’affido in realtà c’è di tutto: ci sono gli affidi consensuali in cui la famiglia d’origine concorda nell’allontanamento temporaneo del proprio figlio (568 nel 2017) e quelli giudiziali (961); ci sono quelli familiari, in cui i bambini vengono assegnati a famiglie affidatarie (1.227 nel 2017) e quelli parentali in cui i minori vengono affidati ai parenti (302), quelli a tempo pieno che sono degli allontanamenti dal nucleo originario ( 1.228) e quelli a tempo parziale in cui i minori stanno con le famiglie affidatarie alcuni giorni alla settimana o per parte della giornata.
Ma una certezza Passarini ce l’ha: «L’assistente sociale non può e non deve essere solo nella decisione, soprattutto nei casi più gravi. Sarebbe quindi utile diffondere in ogni provincia una équipe di secondo livello che aiuti l’équipe di primo livello a dipanare eventuali dubbi interpretativi. C’era già un’indicazione in questo senso nella norma esistente, la si potrebbe rendere più cogente, riservandole le risorse necessarie. Non che questo scansi la possibilità di errori, ma rafforza la dimensione collegiale». E poi serve tanta formazione. Che già si sta facendo. «Proprio qualche giorno prima che scoppiasse il caso Bibbiano — spiega il dirigente di viale Aldo Moro — avevamo avviato un corso per operatori del servizio affidi e si erano iscritti in molti». Sta partendo, saranno 5 giornate in tre diversi capoluoghi di regione, e dopo Bibbiano ci si immagina che la partecipazione sarà ancora più sentita. «Gli operatori — conferma Passarini — in questo momento sono in grande difficoltà».
Così tanto che, spiega anche la garante Garavini, «stanno chiedendo molto aiuto: i servizi sociali ai loro sindaci, i servizi sanitari alle loro aziende. Hanno bisogno di molto sostegno, il caso Bibbiano li ha profondamente disorientati. È un dato che emerge in tutti gli incontri e in tutti i corsi di formazione a cui partecipiamo».
Anche Garavini conferma, attraverso i riscontri degli operatori, che «è ancora più difficile reperire nuove famiglie affidatarie dopo Bibbiano, si è persa la fiducia nei servizi e noi stiamo aiutando gli operatori a superare questo momento».
I dati del 2017
A fine 2017 sono stati 1.529 gli affidi, 568 quelli consensuali e 961 quelli giudiziali
Ma molti di loro vogliono lasciare il settore minori: «Una tendenza iniziata negli anni Duemila — dice la garante dell’infanzia — che adesso si è fatta più eclatante, mi hanno segnalato diversi casi. Troppe responsabilità e carichi emotivi, in molti vogliono spostarsi su altri settori».
Che qualcosa vada migliorato lo sostiene anche Garavini: «Soprattutto l’interazione tra sociale e sanitario. Servono accordi precisi e bisogna che i due soggetti, assistenti sociali e psicologi-psichiatri, siano davvero corresponsabili. Lo psicologo non può essere un consulente dell’assistente sociale, ma deve collaborare per la tutela dei bambini. E invece oggi il grosso della responsabilità ricade sugli assistenti sociali che si trovano spesso a prendere le decisioni da soli. Più che controllo, quindi, serve corresponsabilità. E ovviamente servono risorse».