Nar, Sisde e via Gradoli Le parti civili: nuova pista
I neofascisti vicino alla prigione di Moro. I legali di parte civile: «Sentire nuovi testi»
Due covi dei Nar, nel 1981, in via Gradoli, a Roma, a due passi dalla prigione di Aldo Moro e da appartamenti in uso agli 007: una coincidenza? Gli avvocati di parte civile del processo Cavallini non pensano che sia così e chiedono alla Corte d’Assise che siano chiamati nuovi testimoni.
Estremisti di destra, Brigate rosse e servizi segreti, tutti nella stessa via anche se a distanza di pochi anni. È possibile che si tratti di una coincidenza che i Nar, condannati per la strage del 2 Agosto, nell’autunno dell‘81 avessero preso in affitto due appartamenti in via Gradoli 65, a Roma? Quella stessa strada, stretta e senza uscita, nella quale al civico 96 fu tenuto prigioniero il presidente della Dc Aldo Moro rapito e ucciso dalle Br nel 1978.
Se lo sono chiesto gli avvocati di parte civile nel processo in corso a Gilberto Cavallini, che hanno depositato in Corte d’Assise una memoria con una corposa documentazione in cui chiedono di ascoltare nuovi testimoni. Come Domenico Catracchia, amministratore unico della Immobiliare Gradoli spa, società controllata dalla Fidrev, copertura del Sisde, per stessa ammissione dei servizi segreti. Dunque, in entrambi gli edifici c’erano degli appartamenti in uso ai servizi segreti. È il nuovo collegamento evidenziato dagli avvocati di parte civile: la presenza di due covi dei Nar in via Gradoli era già emersa nei processi, ma la nuova memoria, incrociando documenti contenuti nei libri dell’ex senatore Sergio Flamigni pubblicati nel ‘98, con le relazioni delle commissioni d’inchiesta sul caso Moro e sulla P2, con le relazioni del Sisde all’allora ministro dell’Interno Giorgio Napolitano sui fondi neri dei servizi segreti, portano alla luce il legame di quei covi dei Nar con le società di copertura dei nostri 007. Peraltro, fu lo stesso Catracchia ad affittare sia l’appartamento delle Br a Mario Moretti, che il covo ai Nar al civico 65. Covo nel quale i neofascisti Francesca Mambro, Stefano Soderini, Giorgio Vale e Gilberto Cavallini architettarono l’omicidio del capitano della Digos Francesco Straullo nell’ottobre 1981. E Catracchia, sentito dalla polizia a novembre, disse di aver riconosciuto i terroristi, ma rifiutò di firmare il verbale, dicendo di temere per la propria vita. Le parti civili chiedono che siano convocati anche i poliziotti che all’epoca individuarono i covi dei Nar in via Gradoli, ma si appostarono al civico sbagliato: il 96, cioè quello della prigione di Moro. Altra coincidenza è che durante il processo d’appello per la stazione, Enrico Tomasselli, tra i capi di Terza Posizione e braccio destro di Roberto Fiore, dichiarò di essere domiciliato in via Gradoli 96.
Con il processo Cavallini ormai avviato alla discussione finale, ieri il gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia è tornato a chiedere ai presidenti di Camera e Senato l’istituzione di una nuova commissione d’inchiesta sulla strage di Bologna e altri attentati internazionali, dopo la diffusione sull’Adnkronos di indiscrezioni che ipotizzano un collegamento tra i passaporti falsi usati negli anni 70 dal terrorista Carlos e altri terroristi palestinesi, e quello usato da una donna cilena nei giorni prima della strage in un hotel di fronte alla stazione di Bologna.