Corriere di Bologna

Di Maio: nessun patto per ora Pd, c’è chi frena su Bonaccini

Il leader M5S non attacca Bonaccini, ma indica il modello umbro E al Nazareno c’è ancora chi non esclude un candidato civico

- Beppe Persichell­a Francesco Rosano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Tra il M5S e il Pd «non sono in questo momento all’ordine del giorno altri patti regionali». All’indomani della blindatura sul bis di Stefano Bonaccini da parte del segretario del Pd Nicola Zingaretti, il leader politi- co del M5S Luigi Di Maio frena sull’alleanza con i dem in Emilia-Romagna. E, pur senza chiedere un passo indietro del governator­e dem, torna a indicare nel modello «civico» trovato in Umbria la strada da seguire. Ma se la linea ufficiale del Pd è volta a blindare la candidatur­a di Bonaccini, quella ufficiosa a Roma non disdegna di valutare scenari alternativ­i. A maggior ragione in caso di sconfitta in Umbria.

Tra il Movimento 5 Stelle e il Pd «non sono all’ordine del giorno, in questo momento, altri patti regionali». All’indomani della blindatura sulla ricandidat­ura di Stefano Bonaccini da parte del segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti, il leader politico del M5S Luigi Di Maio butta in avanti la palla dell’alleanza con i dem anche in Emilia-Romagna. E pur senza chiedere apertament­e un passo indietro del governator­e, ipotesi che continua a circolare anche tra i corridoi del Pd nazionale, torna a indicare nel modello «civico», trovato in Umbria, la strada da seguire.

«A me più che i patti interessan­o i fatti», dice Di Maio durante un’intervista a SkyTg24 prima del suo arrivo a Italia 5 Stelle, la festa a Napoli per i dieci anni del Movimento. «E in Umbria — sottolinea il capo politico dei 5 Stelle — il fatto importante è che chi vota Vincenzo Bianconi vota un candidato presidente che non ha tessere di partito o del Movimento. Se vincerà lui, è il patto, nessun assessore verrà indicato dalle forze politiche, si sceglierà il meglio». Pur avendone l’occasione Di Maio non affonda il colpo contro Bonaccini, ma indicando il modello umbro torna di fatto a ribadire le resistenze dei pentastell­ati di fronte al sostegno a un uomo del Pd. «Il dialogo è in corso da settimane e proseguirà», assicurano ai piani alti della trattativa tra le due forze che a Roma sono al governo insieme da settembre. Ma al voto in EmiliaRoma­gna mancano oltre 100 giorni e dunque tutti concordano sull’opportunit­à di aspettare due settimane per vedere come andrà in Umbria l’asse gialloross­o. «L’alleanza di governo con il M5S è nata per arginare la destra — dice da Bologna il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano — ma non basta: bisogna costruire insieme un’idea di società alternativ­a e bisogna farlo anche nei territori dove il pericolo della destra è ancora grande. Non ci sono automatism­i, ma anche in Emilia-Romagna vanno valutate le condizioni per allargare la maggioranz­a al Movimento 5 Stelle».

Ma se la linea ufficiale del Pd è volta a blindare la candidatur­a di Bonaccini in Emilia-Romagna, quella ufficiosa non disdegna di valutare scenari alternativ­i. Insomma, al netto delle dichiarazi­oni, non ci sono tabù, a maggior ragione in caso di sconfitta in Umbria. A quel punto, ragionano dalle parti del Nazareno, l’asse Pd-5 Stelle alla prima prova dei fatti uscirebbe con le ossa rotte e un passo indietro del governator­e uscente potrebbe aiutare un rilancio della coalizione in Emilia-Romagna (ma c’è da dire che in questo caso anche la soluzione civica ne uscirebbe parecchio indebolita). Al contrario, una vittoria in Umbria andrebbe a rasserenar­e il clima politico, rafforzere­bbe la tenuta del governo e permettere­bbe a Zingaretti di insistere con gli alleati che il nome di Bonaccini è quello giusto. A oggi l’ipotesi di un piano B con un altro candidato, magari vicino al Pd ma provenient­e dalla società civile, viene data al 40%, che non è poco. Anche perché il Pd nazionale è consapevol­e che la candidatur­a del presidente di Viale Aldo Moro viene vissuta come un ingombro da Di Maio. Una partita delicatiss­ima, quindi, che i dem vogliono provare a giocare su entrambi i fronti. E anche molto complicata, perché quel che potrebbe facilitare l’intesa con i 5 Stelle allo stesso tempo provochere­bbe le ire del partito regionale, che non è per nulla disposto a cedere a Roma la scelta del candidato per l’Emilia-Romagna. In questo senso va letta la mossa di mettere il nome di Bonaccini nel simbolo del Pd, pensata proprio per stoppare certi ragionamen­ti che a Roma si continuano a fare.

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