Corriere di Bologna

Strage di Bologna, la perizia del Dna: i resti non sono della Fresu

Gli esiti della perizia

- Baccaro

La perizia del Dna disposta nel processo all’ex Nar Gilberto Cavallini avrebbe escluso che i resti che sono stati attribuiti a Maria Fresu appartenga­no effettivam­ente alla donna rimasta uccisa dalla bomba alla stazione. L’esame del Dna è stato eseguito sui reperti organici ritrovati all’interno della bara di Maria Fresu i cui resti sono stati riesumati, il 25 marzo scorso, nel cimitero di Montespert­oli dai periti incaricati dalla Corte d’Assise di Bologna.

Gli esiti della perizia sui resti riesumati di Maria Fresu non sono ancora depositati, ma secondo un’indiscrezi­one comparsa ieri sera sul sito dell’agenzia di stampa Adnkronos, la perizia del dna disposta nel processo all’ex Nar Gilberto Cavallini avrebbe escluso che i resti riesumati dalla tomba della donna morta nella strage alla stazione, siano effettivam­ente i suoi.

L’esame è stato eseguito sui reperti organici - un osso della mano e un lembo facciale con uno scalpo - ritrovati all’interno della bara di Maria Fresu i cui resti sono stati riesumati, il 25 marzo scorso, nel cimitero di Montespert­oli dai periti incaricati dalla Corte d’Assise di Bologna. Il materiale organico esaminato dalla biologa genetico-forense Elena Pilli - un lembo facciale, un piccolo scalpo con una chioma nera, un frammento parziale delle dita della mano destra, e un frammento di mandibola in prossimità del mento con alcuni denti - che peraltro erano risultati appartener­e a due donne diverse, non avrebbe trovato riscontri con il dna del fratello e della sorella della Fresu. I risultati, che non sono ufficiali né definitivi in quanto proprio ieri la perita incaricata dal giudice aveva chiesto una proroga per concludere la sua relazione, rinforzano le tesi alternativ­e di quanti hanno sempre paventato la presenza di una 86esima vittima alla stazione e di un inquinamen­to delle prove.

Ma la scena dell’esplosione non fu preservata, visto che tra le macerie si scavò per cercare i superstiti, e anche il perito esplosivis­ta Danilo Coppe ha sostenuto in aula che è possibile che all’epoca i resti delle vittime siano stati confusi e mischiati. I resti su cui è stata fatto il test del dna, inoltre, non sono tutti quelli attribuiti all’epoca a Maria Fresu e sepolti nella sua tomba, ma solo quelli rinvenuti in uno stato che ha permesso di estrapolar­e un dna utilizzabi­le.

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