Corriere di Bologna

Nel salotto dell’arte che fece il contempora­neo

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Al centro della Project Room stanno l’Uomo seduto di Mario Ceroli e una sedia del duo Vedovamazz­ei. Poi Shifano, Pozzati, Cuniberti. Il Mambo rende omaggio alla Galleria de’ Foscherari la cui storia attraversa la vita artistica bolognese.

Al centro della Project Room del Mambo stanno l’Uomo seduto di Mario Ceroli e una sedia del duo Vedovamazz­ei. Alle pareti una selezione di opere di artisti che hanno gravitato intorno alla Galleria de’ Foscherari. Mario Schifano con l’ Orto botanico, Concetto Pozzati con Ma quanta roba, Pirro Cuniberti con Sergente non calpestare le margherite, Gilberto Zorio con Stella. E poi Pierpaolo Calzolari, Marcello Jori, Germano Sartelli, Claudio Parmiggian­i, Piero Manai, Luciano De Vita ed Eva Marisaldi. «Tra gli oltre trecento artisti passati negli anni abbiamo scelto gli amici», così Francesco Ribuffo spiega le scelte della mostra «La Galleria de’ Foscherari 1962 - 2018», che si inaugura oggi alle 18.30 al primo piano di via Don Minzoni 14 per proseguire fino al primo marzo 2020.

Per Roberto Grandi, presidente dell’Istituzion­e Bologna Musei, «un omaggio che ricorda cosa è stata l’arte contempora­nea a Bologna». Il percorso si apre con una parete di foto, protagonis­ti ancora gli artisti più legati allo spazio fondato nei primi anni Sessanta da Enzo Torricelli. Al quale si erano poi uniti Franco Bartoli e Pasquale Ribuffo, richiamati dalle due sedie in mezzo alla sala. A Ribuffo, scomparso un anno fa, è idealmente dedicata un’esposizion­e che rimarca il costante interesse della Foscherari per la sperimenta­zione.

Un’esperienza avviata in Galleria Cavour, prima di spostarsi di poco in via Goidanich. Perché, aveva spiegato Ribuffo, «noi, un po’ vagabondi, senza giacca e senza cravatta, lì non c’entravamo più niente». Poi, dopo una quarantina d’anni, il trasferime­nto nella sede attuale di via Castiglion­e 2. Una storia che muove da uno dei primi happening nel

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In mostra Una veduta; Concetto Pozzati, «Ma quanta roba» (1966); il gruppo:da sinistra, Mario Ceroli, Daniela Seragnoli, Pasquale e Elena Ribuffo, Bernardo Bartoli e Francesco Ribuffo

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