Strage, quei sogni spezzati di Enzo
Trentino, a Bologna il 2 agosto del 1980 trovò la morte. Il ricordo della sorella
La storia di Enzo Petteni, una delle 85 vittime della Strage di Bologna. Era nato in Trentino, viveva a Ferrara. Quella mattina del 2 agosto 1980 si trovava in stazione con un suo amico, Mirco Castellaro, per una breve vacanza in Tunisia. L’esplosione non lo uccise subito, ma dopo pochi giorni in ospedale. La sorella racconta il dolore del giovane uomo e della famiglia che si recò subito sotto le Due Torri e vide Petteni morire al Sant’Orsola.
Oggi, come allora, snodo ferroviario d’Italia, la stazione di Bologna continua a serbare un vuoto in seno al suo cuore. Uno squarcio costruito nella parete della sala d’aspetto per ricordare a tutti la strage del 2 agosto 1980. Quel giorno, alle 10.25, quando il cuore della stazione palpitava di vacanzieri e pendolari, una bomba spezzò la vita di 85 persone e ne ferì oltre 200, lasciando frammenti di dolore nell’esistenza di migliaia di familiari. Tra le vittime della strage di Bologna c’era anche Vincenzo Petteni, nato e vissuto fino ai vent’anni in val di Sole, tra la gente di Malè, per poi lasciare il Trentino e trasferirsi a Ferrara per lavoro. Una vittima un po’ smarrita nella memoria collettiva anche se il cimitero di Malè lo ricorda con un’epigrafe proprio all’ingresso.
Da un paio di anni Enzo — come veniva chiamato in famiglia e dagli amici — aveva cambiato professione: inizialmente a Ferrara aveva gestito un albergo in società con alcuni suoi cugini, ma dopo qualche anno aveva deciso di aprire un’impresa individuale come venditore ambulante di accessori per l’abbigliamento. Quella mattina del 2 agosto 1980 si trovava alla stazione di Bologna con un suo amico, Mirco Castellaro, per dare inizio ad un breve periodo di vacanza dopo due anni di duro lavoro con il suo furgoncino. Non avendo trovato posto in aereo decisero di prendere il treno per arrivare a Palermo, dove il suo compagno di viaggio — che aveva conosciuto nella città estense — aveva appena comprato una barca con la prospettiva di avviare un’attività turistica. Il progetto era quello di sistemare il natante ormeggiato in Sicilia e di fare alcuni piccoli viaggi di rodaggio fino alle coste della Tunisia. Ma lo scoppio della bomba nella sala d’aspetto frantumò i sogni di quell’estate: Mirco morì sul colpo, mentre Enzo — sposato e con un figlio — rimase gravemente ferito e fu trasportato al policlinico Sant’Orsola, dove fu ricoverato in rianimazione.
«Quando mi è arrivata la notizia ero al lavoro — ricorda con la stessa commozione di allora la sorella di Vincenzo Petteni, Franca, che all’epoca si era già trasferita a Vicenza — Ho preso subito la macchina e senza fare la valigia insieme a mio marito sono andata a Bologna. C’era un cielo di color sabbia e un silenzio per tutta la città che sembrava di essere in un’atmosfera apocalittica».
Da quel momento in poi due lunghissime e angosciose settimane, tra momenti bui e spiragli di luce che provenivano dai bollettini medici. «Siamo stati davanti alle porte dell’ospedale giorno e notte dentro la macchina — racconta Franca Petteni — Poi il Comune ha dato a tutti i familiari una sistemazione temporanea in vari alberghi della città e, insieme a mia madre, non mi sono più mossa da Bologna.
Mi ricordo che Enzo ci chiese cosa fosse accaduto: io volevo dirgli che era stato un terremoto, ma qualcuno gli disse la storia della bomba». In un primo momento sembrava che le sue condizioni fossero migliorate, ma oltre alle fratture agli arti, le macerie avevano massacrato anche gli organi interni e così dopo quattordici giorni morì per una sopraggiunta infezione polmonare. Sul letto dell’ospedale festeggiò anche il suo trentaquattresimo compleanno. «Aveva compiuto gli anni il giorno dopo che era stato portato al Sant’Orsola, il 3 agosto — riprende il racconto la sorella, con la voce strozzata dall’emozione — Quando gli feci gli auguri, da dietro un vetro, si mise a ridere e mi disse “che bel compleanno all’ospedale eh”. Poco prima di morire, invece, mi disse di andarmene perché non ce la faceva più dal dolore. Da quel giorno i nostri genitori morirono dentro».
La notizia non impiegò molto tempo ad arrivare nella piazza Giuseppe Garibaldi di Malè, dove, a pochi passi dal parco, si ergeva il palazzo del cinema gestito dalla famiglia Petteni. Al piano terra, una volta varcata la soglia d’ingresso, una scalinata centrale fiancheggiata da due lastre di marmo — corrimano per gli adulti e scivolo per i più piccoli — introduceva gli abitanti della val di Sole al grande schermo e regalava ai giovani innamorati un posto per appartarsi sulla piccola loggia sopra la platea. «Noi abitavamo all’ultimo piano del palazzo — racconta — Ci conoscevano tutti perché il cinema era uno dei pochi luoghi di svago a Malè. È stato un periodo bellissimo. Era un paese tranquillo, ci si conosceva tutti e ci si aiutava molto di più tra le persone. Non ci torno più perché altrimenti mi verrebbe troppa malinconia».
Nel paesino della val di Sole Enzo aveva vissuto l’infanzia e tutta l’adolescenza insieme ai suoi genitori e alle sue sorelle Franca, Giusy e Giovanna, per
” La sorella Franca Enzo ci chiese cosa fosse successo: volevo dirgli un terremoto. Morì 14 giorni dopo
poi andarsene da casa all’età di ventitré anni. «Prima di stabilirsi a Ferrara era stato a Milano a lavorare come odontotecnico, poi in Alto Adige e infine ha passato un anno in Friuli per il servizio militare — ricorda — Enzo era una persona buona e genuina. Si fidava sempre di tutti e nonostante avesse vissuto poco tempo a casa, visto che da piccolo aveva studiato anche al collegio, siamo sempre stati molti affiatati tra di noi».
Quel legame fraterno poté essere spezzato soltanto dalla bomba alla stazione di Bologna, per cui sono stati condannati come esecutori materiali alcuni militanti di estrema destra appartenenti ai Nuclei armati rivoluzionari (Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini) e per i numerosi depistaggi il «maestro venerabile» della loggia massonica P2 Licio Gelli ed esponenti dei servizi segreti deviati. Con l’accusa di concorso in strage è stato chiesto ora l’ergastolo per un altro membro dei Nar, Gilberto Cavallini.
«La giustizia non mi cambia niente: il dolore rimane inciso dentro e non si cancella più — sussurra Franca Petteni — Fortunatamente subito dopo la morte di Enzo arrivò una bella notizia. Da 13 anni non riuscivo ad avere figli, poi a novembre dello stesso anno ho scoperto di essere incinta. Non volevamo dargli lo stesso nome di mio fratello, ma abbiamo deciso di chiamarlo Lorenzo, che un po’ gli assomiglia e che lo contiene». Tuttora, inoltre, affinché il vuoto in seno al cuore della stazione di Bologna continui ad essere materia storica, è affissa un’epigrafe all’entrata del cimitero di Malè «a memoria del concittadino Enzo Petteni, di anni 34, vittima della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980».