Corriere di Bologna

«Il turismo non basta» Frena l’economia del 2020

Il report Ires-Cgil: rallenta il manifattur­iero e il lavoro si precarizza

- Alessandra Testa © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Anche la locomotiva Bologna frena. Meno del resto del paese, ma frena. Turismo, che negli ultimi anni ha avuto un vero e proprio boom, compreso (+0,9% contro il +1,5% del 2018).

A dirlo è il 13esimo osservator­io sull’economia e il lavoro nella Città metropolit­ana curato da Cgil e Ires Emilia-Romagna. Lo scricchiol­io ha cominciato a farsi sentire nella seconda parte del 2018 con il rallentame­nto che nel 2020 rischia di tramutarsi in un vero e proprio declino. Tra 2018 e 2019, infatti, è stato il settore trainante della manifattur­a a subire una preoccupan­te diminuzion­e di ordini, produzione, fatturato e di valore aggiunto: +1,1% rispetto al +3,8% del 2018, quando l’export, che continua la tendenza positiva (+10% nel terzo trimestre 2018 e +15% nel secondo trimestre 2019), segnava +6,2% e l’occupazion­e +7,9%. A questa fotografia si aggiunge il ritorno del ricorso agli ammortizza­tori sociali, con un’impennata della cassa integrazio­ne che, a settembre, ha raggiunto le 800 mila ore. Negativo anche il saldo tra attivazion­i e cessazioni di contratti subordinat­i nei primi sei mesi dell’anno, anticamera della contrazion­e occupazion­ale.

Eppure — come rilevano Giacomo Stagni della segreteria della Camera del Lavoro e il vicesindac­o della Città metropolit­ana Fausto Tinti — molto di buono è stato fatto: il Patto per il lavoro e il percorso di inclusione occupazion­ale di Insieme per il lavoro in primis. «Il futuro dipende da noi – mette in guardia Stagni – e dalle azioni che tutti insieme, sindacato, imprese e istituzion­i, sapremo mettere in campo». «Fummo definiti Cassandre quando nel 2005 anticipamm­o la crisi del 2008 — gli fa eco il segretario generale della Cgil Bologna, Maurizio Lunghi — ma bisogna muoversi prima che sia troppo tardi: il rallentame­nto della Germania, i dazi statuniten­si e l’aumento della cassa integrazio­ne speciale sono campanelli d’allarme. Lo sviluppo sostenibil­e e il superament­o della plastica sono sfide su cui dobbiamo fare i conti». Mentre Simone Gradellini di Confindust­ria Emilia Centro giustifica i tagli delle imprese come «stato di necessità per sopravvive­re», la presidente di Legacoop Bologna, Rita Ghedini, preferisce fare un mea culpa: «Dobbiamo dotare le nostre associate di strumenti che le aiutino ad affrontare la trasformaz­ione in atto — sostiene — magari lavorando di più sulla formazione associata agli ammortizza­tori sociali; un tema su cui fino ad oggi abbiamo fallito».

«Questo è un territorio virtuoso — riflette Emilio Miceli della segreteria nazionale Cgil — ma bisogna avvistare i problemi. Su automotive, plastica e distretti energivori rischiamo di romperci l’osso del collo se si continua a temere l’intervento pubblico» e se l’Unione europea non alza la voce. Sono i numeri dell’occupazion­e a necessitar­e di una politica industrial­e: l’aumento degli occupati — racconta la ricercatri­ce Ires, Daniela Freddi — non trova piena corrispond­enza nell’incremento delle ore lavorate. Diversi i fattori che incidono: l’aumento dei contratti a tempo determinat­o (il 18% del totale nel 2018) e la forte espansione dei part-time, spesso involontar­i, benché risulti che l’occupazion­e dipendente creata tra il 2018 e la prima parte del 2019 sia stata soprattutt­o a tempo indetermin­ato. Segni del cambiament­o, anche la precarizza­zione, il +8%di partite Iva e l’età media dei lavoratori: aumentano gli over 65 ma diminuisco­no gli under 24.

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