«Il turismo non basta» Frena l’economia del 2020
Il report Ires-Cgil: rallenta il manifatturiero e il lavoro si precarizza
Anche la locomotiva Bologna frena. Meno del resto del paese, ma frena. Turismo, che negli ultimi anni ha avuto un vero e proprio boom, compreso (+0,9% contro il +1,5% del 2018).
A dirlo è il 13esimo osservatorio sull’economia e il lavoro nella Città metropolitana curato da Cgil e Ires Emilia-Romagna. Lo scricchiolio ha cominciato a farsi sentire nella seconda parte del 2018 con il rallentamento che nel 2020 rischia di tramutarsi in un vero e proprio declino. Tra 2018 e 2019, infatti, è stato il settore trainante della manifattura a subire una preoccupante diminuzione di ordini, produzione, fatturato e di valore aggiunto: +1,1% rispetto al +3,8% del 2018, quando l’export, che continua la tendenza positiva (+10% nel terzo trimestre 2018 e +15% nel secondo trimestre 2019), segnava +6,2% e l’occupazione +7,9%. A questa fotografia si aggiunge il ritorno del ricorso agli ammortizzatori sociali, con un’impennata della cassa integrazione che, a settembre, ha raggiunto le 800 mila ore. Negativo anche il saldo tra attivazioni e cessazioni di contratti subordinati nei primi sei mesi dell’anno, anticamera della contrazione occupazionale.
Eppure — come rilevano Giacomo Stagni della segreteria della Camera del Lavoro e il vicesindaco della Città metropolitana Fausto Tinti — molto di buono è stato fatto: il Patto per il lavoro e il percorso di inclusione occupazionale di Insieme per il lavoro in primis. «Il futuro dipende da noi – mette in guardia Stagni – e dalle azioni che tutti insieme, sindacato, imprese e istituzioni, sapremo mettere in campo». «Fummo definiti Cassandre quando nel 2005 anticipammo la crisi del 2008 — gli fa eco il segretario generale della Cgil Bologna, Maurizio Lunghi — ma bisogna muoversi prima che sia troppo tardi: il rallentamento della Germania, i dazi statunitensi e l’aumento della cassa integrazione speciale sono campanelli d’allarme. Lo sviluppo sostenibile e il superamento della plastica sono sfide su cui dobbiamo fare i conti». Mentre Simone Gradellini di Confindustria Emilia Centro giustifica i tagli delle imprese come «stato di necessità per sopravvivere», la presidente di Legacoop Bologna, Rita Ghedini, preferisce fare un mea culpa: «Dobbiamo dotare le nostre associate di strumenti che le aiutino ad affrontare la trasformazione in atto — sostiene — magari lavorando di più sulla formazione associata agli ammortizzatori sociali; un tema su cui fino ad oggi abbiamo fallito».
«Questo è un territorio virtuoso — riflette Emilio Miceli della segreteria nazionale Cgil — ma bisogna avvistare i problemi. Su automotive, plastica e distretti energivori rischiamo di romperci l’osso del collo se si continua a temere l’intervento pubblico» e se l’Unione europea non alza la voce. Sono i numeri dell’occupazione a necessitare di una politica industriale: l’aumento degli occupati — racconta la ricercatrice Ires, Daniela Freddi — non trova piena corrispondenza nell’incremento delle ore lavorate. Diversi i fattori che incidono: l’aumento dei contratti a tempo determinato (il 18% del totale nel 2018) e la forte espansione dei part-time, spesso involontari, benché risulti che l’occupazione dipendente creata tra il 2018 e la prima parte del 2019 sia stata soprattutto a tempo indeterminato. Segni del cambiamento, anche la precarizzazione, il +8%di partite Iva e l’età media dei lavoratori: aumentano gli over 65 ma diminuiscono gli under 24.