Corriere di Bologna

«F. perdere le cose» Un incontro ai margini

Da oggi all’Arena del Sole lo spettacolo di Kepler-452

- Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Lavorare con quella che si chiama realtà. Portare in scena casi veri, e magari anche le persone che li vivono o li hanno vissuti. È la scelta di Kepler-452, giovane formazione già famosa per aver voluto il Festival 20-30 e per uno spettacolo di successo dell’anno scorso, Il giardino dei ciliegi. Trent’anni di felicità in comodato d’uso, la storia di due bolognesi sfrattati da una casa di mezza campagna per far posto alla Disneyland agroalimen­tare di Fico. Ma la compagnia ha trattato la rivoluzion­e, la gioventù e la vecchiaia, gli sgomberi di case occupate, l’italianità e molto altro nei suoi lavori con attori «esperti della vita di tutti i giorni», come li definisce la compagnia internazio­nale loro punto di riferiment­o, i Rimini Protokoll.

Da questa sera alle 20.30 fino al 15 dicembre torna nella sala piccola dell’Arena del Sole con lo spettacolo presentato per pochissime sere al festival «Vie», in marzo, F. Perdere le cose. Qui il protagonis­ta, F., non si vede. Tutto parte dall’assunto che noi per vivere abbiamo bisogno di mille carte, dal codice fiscale che si riceve alla nascita al libretto di lavoro, e così via. F. invece non ha nulla di tutto ciò. Sembrerebb­e non essere nulla, e invece si sente la sua voce che ci mette con le spalle al muro: «Io sono io», e lo ripetono loro, gli attori, per tutto lo spettacolo, come un mantra, come un’ancora di salvezza dalle definizion­i burocratic­he, come una domanda su di noi, una sfida al mondo.

All’inizio la scena è vuota. Per qualche minuto. Con luci azzurre di sogno o di notte metropolit­ana ansiogena, inventate dal mago Vincent

Longuemare, autore delle atmosfere di spettacoli memorabili come L’isola di Alcina del Teatro delle Albe (2000). L’assenza sarà riempita da voci, provenient­i dalla platea, poi da corpi, ma resta clamoroso il vuoto di F., incontrato in un dormitorio, che scopriremo venire dall’Africa più profonda, inesistent­e perché senza documenti, tanto da non poter essere contrattua­lizzato, da non potersi presentare in scena e forse neppure in teatro, eppure cosciente di essere una persona, un’identità, anche senza carte.

Sul palco vediamo invece Nicola Borghesi, che firma anche la regia, Tamara Balducci, mentre di F. avvertiamo comunque la presenza, forse emanante da qualche nascondigl­io non lontano. Dramaturg è Enrico Baraldi, i costumi sono di Letizia Calori, che allestisce anche lo spazio con Longuemare, mentre i video portano la firma di Chiara Caliò e le musiche di Bebo Guidetti. Con una sorpresa finale.

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Homeless «F.» è la storia di un senza dimora clandestin­o

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