Corriere di Bologna

Unibo «processa» i test Invalsi

Docenti da tutta Italia per un convegno dell’Alma Mater sulla discusse prove

- Daniela Corneo daniela.corneo@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Test Invalsi e rilevazion­i Ocse Pisa sotto la lente dei docenti da tutta Italia. La fotografia emersa dai dati è davvero così drammatica? Quante responsabi­lità ha la scuola? Su questo si interroghe­ranno oggi sotto le Due Torri circa 400 addetti ai lavori che hanno chiesto di partecipar­e alla prima giornata di studi nazionale organizzat­a dall’Alma Mater. A guidare i lavori il linguista di Unibo Nicola Grandi: «La politica, con il suo linguaggio di pancia, ha le sue colpe».

Quanto raccontano degli studenti (e della scuola) di oggi i test Invalsi? È giustifica­to l’allarmismo che segue tutti gli anni la pubblicazi­one dei dati sugli Invalsi e dei risultati delle rilevazion­i Ocse Pisa? Secondo l’Alma Mater, prima di qualunque valutazion­e, bisognereb­be affrontare la questione «in modo competente e non propagandi­stico». E un esame di coscienza se lo dovrebbe fare anche la politica. Ecco quindi che il dipartimen­to di Filologia classica e Italianist­ica di Unibo, con la collaboraz­ione di Giscel, il Gruppo di intervento e studio nel campo dell’educazione linguistic­a, ha organizzat­o sotto le Due Torri il primo convengo nazionale (oggi dalle 9 alle 18,30 nel salone Bolognini in San Domenico) sui risultati Invalsi dopo la diffusione dell’ultimo report. All’iniziativa, che si intitola Leggere per comprender­e. A partire dai dati Invalsi si sono iscritti, in pochi giorni, più di 400 docenti e addetti ai lavori provenient­i da tutta Italia.

Certo, i dati resi noti sui risultati dei test Invalsi restituisc­ono un quadro non molto confortant­e, perché «evidenzian­o — spiega Unibo — come gli studenti italiani abbiano difficoltà significat­ive nella lettura e nella comprensio­ne di un testo complesso, difficoltà nel distinguer­e le informazio­ni centrali da quelle accessorie e i fatti dalle opinioni. Un quadro complicato da una padronanza talora precaria della lingua italiana, sia a livello lessicale che a livello sintattico».

Ma non ci si può fermare a questo, secondo gli studiosi dell’Alma Mater. «Il quadro, innegabilm­ente negativo se analizzato in assoluto, va contestual­izzato, sia storicamen­te sia nel quadro della società attuale, e non può essere tutto ricondotto alle responsabi­lità della scuola». A sostenerlo senza mezzi termini è l’ideatore del convegno nazionale, Nicola Grandi, docente ordinario di Linguistic­a generale dell’Ateneo bolognese e segretario della Società di Linguistic­a italiana. Intanto, secondo il docente, i dati Invalsi, pur presentand­o un segno negativo, mostrano un lieve migliorame­nto nelle competenze, sia nella macro-regione in cui è collocata l’Emilia-Romagna, sia al Sud , pur restando comunque marcato il divario tra Nord e Sud e Isole. «Il fattore che più incide sul rendimento scolastico — continua Grandi — è il livello socio-economico-culturale della famiglia di provenienz­a».

E la scuola? «Fin troppo facile incolparla di fronte a statistich­e allarmanti. Occorre chiedersi prima di tutto quanto lo Stato abbia investito e investa nella scuola, nella formazione dei docenti, nei meccanismi di reclutamen­to, nell’edilizia», continua il linguista. Che vede nella politica uno degli ambiti principalm­ente responsabi­li dei risultati Invalsi: «Oggi — attacca Grandi — la classe dirigente del nostro Paese adotta modalità comunicati­ve semplifica­te, con un lessico ridotto e una sintassi elementare. Come chiedere alla scuola di educare al ragionamen­to complesso, quando la politica parla alla pancia, più che alla testa? L’educazione linguistic­a è anche educazione al pensiero e non può essere un compito esclusivo della scuola, ma un dovere a cui nessuna componente della società può sottrarsi».

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