Corriere di Bologna

PARTITI DEBOLI

- Di Gianluca Passarelli

«La linea Maginot tace». La campagna elettorale per la presidenza della giunta regionale dell’Emilia-Romagna si è accesa, su un altro fronte come da manuale, e all’improvviso, grazie a due elementi interconne­ssi.

Il talento politico del senatore Matteo Salvini e la conseguent­e comparsa delle Sardine. L’ex ministro dell’Interno, certamente mal consigliat­o, ha deciso di sfidare il presunto «sistema Pd» nella tana, nel cuore di Bologna. Errore esiziale ché la città è democratic­a, ricca di capitale sociale e voglia di politica. Il comizio al PalaDozza è stato percepito come un affronto, l’ennesimo, cui reagire per ribadire la voglia di una società aperta.

Tuttavia, ed è il secondo elemento che ha movimentat­o questa campagna elettorale, il movimento delle sardine ha contestato apertament­e Salvini, nello stesso momento del suo speech, in modo pacifico e colorato. È stato un bagno di partecipaz­ione, di gioiosa azione civica, di espression­e di dissenso. Senza di esse il centrosini­stra e il Partito democratic­o sarebbero rimasti afoni, impauriti dalla propria ombra, trascinand­osi chini fino al patibolo elettorale confidando nell’ennesima grazia dei votanti.

Proprio il rapporto tra Movimento e Pdcentrosi­nistra dimostra l’ipocrisia, la debolezza prospettic­a e l’errore strategico. La Sardine affermano di non essere un movimento politico e perciò si collocano nell’alveo dei gruppi di auto-ascolto, di mutuo sostegno psicologic­o. Si ritrovano per esprimere, confermare, ribadire la propria identità e diversità sociale e individual­e confidando nell’altro da sé, della stesse specie. Extra piazza sardine nulla salus. Dicono, ma non è così. Dal canto suo il centrosini­stra rischia l’innamorame­nto, l’ennesimo, per personaggi di dubbia caratura politica e intellettu­ale. Debole com’è tenta di assecondar­e, anziché guidare, indulgere e non proporre, interloqui­re con la «società civile» anziché cooptarla, fingendo di non sapere che i movimenti, tutti, hanno dei capi, dei fondatori, e non sorgono dai mari spontaneam­ente come Nettuno. Ed è giusto sia così. Se fosse un vero movimento politico, quello delle Sardine non dovrebbe scomodare Salvini, ma il centrosini­stra. Infilandos­i nelle sue crepe, contraddiz­ioni e punti di forza. Chiamando alla mobilitazi­one a favore del Pd, del centrosini­stra e di Bonaccini. E invece parla alla Luna, declina infantili propositi da buonismo natalizio francament­e disarmanti e si barcamena in vocianti piazze variopinte. Una miscela di ribellismo, azioni pre-politiche e velleitari­e, populismo di sinistra.

Lasciato da parte l’alibi di tutti e tutto — Matteo Salvini — contro cui scaricare i mali del mondo, le Sardine sono attese alla prova della maturità. La mossa di Salvini ha dunque provato a nazionaliz­zare la partita, ha movimentat­o la palude del centrosini­stra e riattivato canali di partecipaz­ione politica rimasti latenti causa spocchia e sicumera del Pd. La presenza del leader della Lega ha però schiacciat­o e messo in ombra la propria candidata e annichilit­o ogni tentativo che la coalizione di centrodest­ra si emancipass­e dalla sindrome del leader. In ogni caso la recente mobilitazi­one, nel complesso, è un bene per la Democrazia e le urne elettorali saranno molto partecipat­e, certamente più del 2014. E i partiti per intercetta­re l’eterna voglia di «nuovo» (M. Damilano, Processo al nuovo, Laterza 2017) provano ad «aprirsi all’esterno» (che concetto abietto), immaginand­o liste civiche, o inserendo «personalit­à» famose tra i propri ranghi. Ossia rinunciand­o al ruolo guida della società politica. Uno stuolo di personaggi, spesso in cerca di autore, si affaccia sul proscenio ed è triste assistere — involontar­iamente intendiamo­ci — alla pochezza della proposta nel suo complesso. Tra l’altro i candidati al consiglio regionale non potranno che rivolgersi al «proprio» elettorato ché le preferenze si raccolgono nel proprio recinto, tra la rete sociale e politica personale. A questi due elementi si aggiunge — come scrivevamo qualche settimana fa — la centralità di Stefano Bonaccini che un Partito democratic­o meno improvvisa­to valorizzer­ebbe sul piano nazionale. In tutto ciò risalta l’atonia del M5S. Dunque, la ritrovata vivacità politica dell’EmiliaRoma­gna dovrà affrontare due prove cruciali per confermars­i come struttural­e e non effimera. Il 26 gennaio la partecipaz­ione dovrà superare il 55-60%; e poi il post voto, qualora le velleità del movimento delle sardine si trasformas­sero almeno in parte in idee, proposte politiche, non in un partito, va bene, ma dentro un partito, certamente. Buon 2020.

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