Il voto cattolico? «Certi valori sono centrali»
In tempi post ideologici «meglio lasciar stare il voto di Don Camillo e Peppone», dice l’arcivescovo di Ferrara, monsignor Gian Carlo Perego.
Che non ha gradito le affermazioni di Matteo Salvini sui cattolici che voteranno Lega:
«Sulle schede elettorali si indicano candidato e lista, non la persona che ha votato. Certe generalizzazioni non hanno senso».
Le elezioni regionali del 26 gennaio sono da tempo diventate una partita nazionale per le ovvie e possibile conseguenze che una sconfitta del centrosinistra avrebbe sulla tenuta del governo. Proprio per questa ragione catalizzano l’attenzione anche fuori dal Paese: dopo la visita del console generale tedesco che ha incontrato i cronisti per sapere di più della sfida elettorale, nei giorni scorsi a occuparsi delle Regionali con un ampio servizio è stato il Financial Times, il giornale economico e finanziario più importante al mondo. Per il quotidiano, le elezioni rappresentano un tentativo di Salvini di rimettersi in gioco a livello nazionale («Matteo Salvini’s comeback bid») e una vittoria nella regione rossa gli spianerebbe la strada per Palazzo Chigi. Il Financial Times decide di raccontare la mutazione politica e antropologica dell’Emilia rossa che oggi si scopre leghista attraverso la storia di Alan Fabbri, sindaco di Ferrara, che in gioventù decise di non votare a sinistra come la sua famiglia. L’articolo, richiamando le ricerche dell’Istituto Cattaneo, conferma che la sfida sarà tra il voto delle città, più schierate con Bonaccini, e quello delle campagne, più vicine a Borgonzoni. Per il resto colpisce che una delle parole più usate nell’ articolo sia «communism» e, a pensarci bene, anche il console generale della Germania parlava ancora di comunisti emiliani. Quella storia è finita 31 anni fa alla Bolognina e oggi al posto della vecchia sede del Pci c’è un parrucchiere cinese. Ma questa è un’altra storia.