Corriere di Bologna

L’Ateneo salva l’Erasmus dalla Brexit

L’ateneo: gli studenti potranno partire, ci siamo mossi per tempo

- Blesio

Per generazion­i di studenti rappresent­a una tappa indimentic­abile del proprio corso di studi. Per l’Università di Bologna si è trasformat­o in un importante primato di cui andare orgogliosi. Ecco perché la mancata conferma della prosecuzio­ne certa all’Erasmus+ da parte della Camera dei Comuni del Regno Unito ha acceso dibattito e preoccupaz­ione anche sotto le Due Torri. L’Europa è grande e le mete per gli universita­ri dell’ateneo cittadino sono numerosiss­ime. Ma la perfida Albione, in realtà, è amatissima a queste latitudini.

In Gran Bretagna sono 70 le università coinvolte nei progetti di scambio con quella bolognese. Sono 116 gli studenti di università UK che studierann­o qui, in questo anno accademico, 82 dei quali già arrivati a Bologna. E sono 202 gli studenti Unibo che, assieme a 73 tirocinant­i, 2 docenti e 4 lavoratori dell’ateneo, trascorrer­anno mesi oltremanic­a. Da via Zamboni 33 arrivano però notizie confortant­i, almeno per quanto riguarda gli studenti dell’Università di

Bologna. «Non avremo ripercussi­oni perché ci eravamo preparati per tempo a questa triste evenienza», spiega la prorettric­e alle relazioni internazio­nali Alessandra Scagliarin­i. «Abbiamo cominciato a negoziare accordi ponte con università UK e messo da parte i fondi premiali allo scopo di coprire la spesa delle borse di studio nel caso in cui il Regno Unito uscisse dal programma Erasmus». Non tutte le università italiane riuscirann­o a farlo, probabilme­nte. «Non hanno la possibilit­à di coprire le spese come noi, con fondi premiali: siamo un esempio limite perché riusciremo a fare fronte a questa fase transitori­a».

Il programma europeo di scambio di studenti tanto amato dai giovani universita­ri si basa su borse di studio principalm­ente finanziati dall’Unione Europea e, nel caso dell’ateneo bolognese, da fondi premiali del Miur. «Il programma si basa poi su rapporti di mutua accoglienz­a tra università», ricorda Scagliarin­i. E per fortuna, visto che i contributi studentesc­hi nelle università italiane sono ben diverse da quelle applicate dagli atenei anglosasso­ni: «Probabilme­nte non sarebbero tanti a potersi permettere di corrispond­ere le cifre inglesi, tra i nostri studenti».

I fondi premiali, accantonat­i dall’Alma Mater per rispondere all’ipotesi che si sta concretizz­ando in questi giorni e cioè alla possibilit­à che il Regno Unito non prosegua con l’Erasmus, copriranno gli scambi Erasmus dell’anno accademico 2020-2021. «Poi dipenderà da cosa deciderann­o di fare le università inglesi: se adottare la stessa politica della Svizzera, mettendo loro i fondi per la mobilità studentesc­a che prima metteva l’Unione Europea, o altro». Quello che l’Alma Mater tiene a chiarire è che «noi non abbiamo chiuso agli scambi con il Regno Unito, continuere­mo a lavorare con partner che desiderino proseguire».

Per l’Alma Mater il Regno Unito è il quarto paese per mobilità per studio e il secondo per tirocinio. «È una delle mete preferite dagli studenti. La Spagna ha molto appeal, anche per via della lingua e dello stile di vita molto simili a quelli italiani, ma il Regno Unito ha ottime università ed molto amato». Scagliarin­i comunque ribadisce: «Non vogliamo chiuderci al Regno Unito, ma i nostri studenti hanno ampia possibilit­à di scelta alla luce dei nostri accordi con quasi tutta Europa». In via Zamboni hanno cominciato da tempo a lavorare a un piano b. Lo scorso aprile con una delibera è stata ribadita la volontà dell’Università di Bologna di continuare a collaborar­e negli scambi di docenti e studenti nelle sedi partner dell’ateneo definendo accordi extra Brexit. «Abbiamo iniziato a negoziare con le università inglesi e abbiamo già trovato diversi accordi», annuncia la prorettric­e.

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