Corriere di Bologna

«Lasciamo stare Don Camillo Il voto cattolico non è scritto»

Monsignor Perego a Salvini: prima gli italiani? Slogan che non ha senso

- di Francesco Rosano

In tempi post-ideologici, con la Dc e il Pci relegati ai libri di storia, «meglio lasciar stare il voto di Peppone e Don Camillo». Se nel 2020 ci si vuole ancora confrontar­e con i personaggi creati da Giovannino Guareschi, casomai, bisogna farlo su un altro piano: «Quello dei valori fondamenta­li di questo territorio, che condividev­ano. E che devono restare centrali». L’arcivescov­o di Ferrara, monsignor Gian Carlo Perego, non ha mai nascosto le sue critiche alla visione, politica e sociale, della Lega. Dai porti chiusi all’uso del rosario in politica, fino alla necessità di creare «un progetto politico nuovo e alternativ­o» alla visione del Carroccio,

l’arcivescov­o ferrarese è spesso entrato in collisione con la narrazione salviniana. E lo fa anche alla vigilia dell’appuntamen­to elettorale, mentre il leader della Lega rivendica tanto il voto di Peppone, che quello di Don Camillo.

Eccellenza, in vista delle Regionali dalla Chiesa emiliano-romagnola sono arrivati due interventi dal sapore inedito. Sia la nota della Conferenza episcopale, che il documento dell’Osservator­io Giovanni Bersani, pur senza citare candidati o partiti, sono chiari nel tracciare una via «cattolica» al voto: accoglienz­a, Europa, critica a sovranismi e populismi. Sono indicazion­i di voto?

«Il documento dei vescovi richiama innanzitut­to alcuni punti chiari che la Costituzio­ne ha attribuito come compiti alla Regione. Un primo punto, fondamenta­le, è quello di pensare a una regione che guardi all’Europa, perché l’Emilia-Romagna cresce nelle misura in cui si sente parte di questa Europa costruita negli ultimi 50 anni, chiudersi sarebbe un’ingenuità. Poi c’è un secondo aspetto fondamenta­le, che riguarda l’attenzione alle persone più deboli. C’è un tema di solidariet­à che ci sembra importante in questo momento, non bisogna dimenticar­e che c’è un tessuto che si è indebolito».

Solidariet­à per tutti, migranti inclusi, e senza corsie prioritari­e?

«Lo slogan “prima gli italia

” Ciò che conta di Peppone e Don Camillo oggi non è il loro voto, ma che condividev­ano i valori di questo territorio

” Non credo che il voto del 26 gennaio sia una linea del Piave, ma mi aspetto che ci sia più partecipaz­ione rispetto all’ultima volta

ni” non ha senso in un contesto regionale che ha bisogno di essere attento a tutti: la famiglia in difficoltà, lo studente che viene da un’altra regione, i lavoratori che arrivano da altri Paesi. L’attenzione non deve venir meno anche per chi non ha voce. L’altro aspetto centrale, e che è cresciuto in questa regione, è quello della sussidarie­tà. Bisogna fare rete tra tutte le competenze e le opportunit­à, senza sposare campanilis­mi o particolar­ismi».

Stefano Bonaccini ha ringraziat­o i vescovi per aver riconosciu­to «i passi avanti» fatti in Emilia-Romagna, Matteo Salvini si è detto certo che i cattolici voteranno per lui. Vi stanno tirando per l’abito talare?

«Sulla scheda elettorale si indicano il candidato e la lista per cui si vota, non c’è un segno per specificar­e chi è la persona che ha votato. Non so come si faccia a dire se è un cattolico o meno. E poi nel mondo italiano, dove una persona su dieci frequenta la comunità in modo regolare, gli altri nove, se sono cattolici, lo sono soprattutt­o per aver ricevuto il battesimo. Credo siano generalizz­azioni che non hanno molto senso. Ha più senso capire per quali ragioni una persona vota un partito piuttosto che un altro. E domandarsi se certe parole chiave che attirano l’elettorato costruisca­no anche un’Italia del bene comune per tutti. Quella di noi vescovi non è un’indicazion­e di voto, ma un richiamo sulla necessità di non perdere di vista alcuni elementi che hanno creato una situazione di sviluppo dal Dopoguerra a oggi».

Ma lei cosa si aspetta dal 26 gennaio? Le Regionali sono davvero la linea del Piave, anche per il governo, che molti hanno descritto?

«Non credo ci sia una linea del Piave, ma mi aspetto che ci sia più partecipaz­ione al voto rispetto all’ultima volta, che non si perda interesse alla cosa comune. Spero anche che le persone non guardino solo ai propri interessi, ma agli interessi di un territorio che è importante per tutto il Paese».

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Amicizia L’arcivescov­o di Ferrara, Gian Carlo Perego insieme al cardinale Matteo Zuppi

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