Corriere di Bologna

LE PAROLE CHIAVE DELL’EMILIA

- Di Franco Mosconi

Nei tempi difficili che stiamo vivendo, ci sono alcune parolechia­ve che aiutino a orientarci nel cammino? Sì, e l’inchiesta «Emilia-Romagna 20002020» pubblicata nelle scorse settimane dal Corriere di Bologna rende possibile comporre un piccolo vocabolari­o. Comincerò con gli articoli di Gabriele Bronzetti («Società», 28 dicembre 2019), Marco Valbruzzi («Politica», 31 dicembre 2019), Andrea Segrè («Ambiente», 7 gennaio 2020), per poi tornare sull’«Economia», di cui ho scritto il 2 gennaio 2020.

«A – scrive Segrè – come ambiente, ma anche come agricoltur­a, alimentazi­one, acqua, aria. Insomma, vita perché se ambiente viene inteso nel suo significat­o “naturale”, il riferiment­o a quanto si produce per mangiare e bere ci fa capire quanto queste cinque “A” siano collegate a noi stessi e al mondo che ci circonda». Dalla A alla S di «sostenibil­ità» il passo è più breve di quel che le lettere dell’alfabeto suggerireb­bero: è «uno stimolo – scrive ancora Segrè - per fare di più con meno, visto che le risorse naturali vanno conservate e rigenerate nel tempo. Guardiamo al futuro senza consumare il presente».

La C – seguendo Bronzetti – deve innanzitut­to essere quella di «cultura: chi ha detto che con essa non si mangia e non si guarisce non ha capito. La cultura è quella cosa per cui ha senso mangiare e star bene. Tutto si trasforma, essere pronti è tutto». E anche questa lettera si lega alla S, che sta questa volta per «salute».

Seguiamo ancora Bronzetti: «Non è solo un problema di strutture sanitarie: i figli di genitori poco istruiti sono spesso obesi per l’ignoranza delle norme dietetiche. Non bastano i reparti di eccellenza, che in Emilia-Romagna non mancano, serve la circolazio­ne di cultura e linguaggio. Sapere è salute». La C e la D insieme – rileggendo Valbruzzi – significan­o «classe dirigente»; o, meglio, seguendo la sua analisi storico-politica dalla caduta del muro di Berlino alla vittoria di Giorgio Guazzaloca (e oltre), «l’assenza di una nuova classe dirigente all’altezza dei tempi». C’era, in primis a Bologna, quella che Valbruzzi definisce la «vetrina del buongovern­o comunista, in cui l’efficacia dell’azione politica era innervata da un robusto senso civico e da un assoluto rispetto delle istituzion­i». E oggi, di fronte all’egemonia persa dalla sinistra e alla crescita della Lega, che cosa c’è? Ancora una volta la lettera cruciale è la S: le «Sardine»; ossia, «una reazione civica alla furia semplifica­trice del populismo».

Nel dominio dell’economia – ove l’Emilia-Romagna eccelle – c’è l’imbarazzo della scelta. Pensiamo alla D di «dati», con Bologna che già oggi è uno snodo cruciale nella capacità di elaborazio­ne di grandi masse di dati (Big Data): un ruolo destinato a rafforzars­i sempre più in Italia e in Europa con la nascita di una vera e propria «Data Valley». Proseguend­o, pensiamo alla E sia di «esportazio­ni» che di «Europa»: le prime rappresent­ano l’autentico motore della crescita per una regione che nel Paese è la prima per export pro-capite; la seconda, col suo mercato interno e la sua moneta unica, è il nostro naturale orizzonte di riferiment­o. Ma le performanc­e sui mercati esteri non sarebbero così brillanti se la E non fosse anche quella di «eccellenze (imprendito­riali)». Grazie a una continua attività innovativa, le nostre migliori imprese manifattur­iere hanno conquistat­o posizioni di leadership in giro per il mondo, vuoi nei settori classici del made in Italy, vuoi in settori ad alta tecnologia. Così si potrebbe continuare. Che cosa ne è, ci domandiamo in conclusion­e, della lettera S nel campo dell’economia, dopo che l’abbiamo vista così centrale negli altri tre? Di sostenibil­ità e di sapere – temi che s’intreccian­o profondame­nte con le dinamiche economiche – abbiamo già parlato. Nient’altro? La parola, in verità, c’è: è «solidariet­à». Una parola bellissima, forse un po’ dimenticat­a, e da riscoprire in tutta la sua nobiltà perché la nostra economia di mercato deve essere capace di combinare efficienza ed equità, crescita della produttivi­tà e giustizia sociale. Le diseguagli­anze non svaniscono da sole né lungo la Via Emilia, né altrove.

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