La rabbia e la confusione del salotto di Santo Stefano
Il quartiere storicamente di destra che ha votato a sinistra alle passate Amministrative, potrebbe tornare al passato. In tanti, specie nel cuore del Santo Stefano, il «salotto buono» della città, dicono di voler votare a destra. E nelle vie più «popolari» quello che si respira è soprattutto lo spaesamento per una sinistra al governo che non viene riconosciuta.
C’è confusione nell’aria al Santo Stefano. Confusione mista a disillusione e a chissà cos’altro ancora. Difficile da capire. Il quartiere che, all’indomani delle elezioni amministrative del 2016, si era ritrovato improvvisamente a sinistra — riconfermando Virginio Merola come primo cittadino e scegliendo una presidente dem —, dopo essere stato per anni l’unica certezza per il centrodestra in città, rischia di tornare sui suoi passi il 26 gennaio. O di non andarci nemmeno nel segreto dell’urna domenica prossima, perché la croce i residenti sembra l’abbiano già messa, ma sopra alla politica.
Non interessano troppo le sorti della Regione al Santo Stefano: sono in tanti che in realtà, interrogati sui temi emiliano-romagnoli, glissano e vanno più su, al governo, o più giù, a Palazzo d’Accursio. Affacciata su piazza Santo Stefano c’è la storica sala da barba, a due passi dall’abitazione dell’ex premier Romano Prodi. Ci passa la crème del quartiere, anche della città a dire il vero. Il barbiere Francesco Scigliano fa barba e capelli e intanto annusa gli umori, anche politici in questo periodo, dei suoi clienti. Loro stanno lì, sotto le sue mani che tagliano sapientemente e si «confessano». «Tanta gente è indecisa — dice — c’è molta incertezza proprio sui candidati. La sanità mi sembra sia uno dei temi più discussi». Gli basta questa frase perché nel salone che sta fermo lì dal 1922 e che ne ha visti passare molti di governi, si apra il dibattito tra i suoi clienti. Seduto ad attendere il suo turno c’è Carmelo Bucolo, ex primario di Ginecologia che oggi ancora svolge la professione in privato e appena sente parlare di sanità si mette sull’attenti: «La sanità in Emilia-Romagna non si può proprio toccare — dice —, è una delle migliori d’Italia». «Ma quando uno va al pronto soccorso e aspetta ore e ore vuol dire che un problema c’è», gli risponde Francesco Maffeo, ex dirigente del ministero dell’Interno. Che, però, ammette: «In Emilia-Romagna c’è un’amministrazione valida». Ma il voto? «Bisogna andare a votare per un fine migliore — aggiunge —, turandosi il naso». Annuisce il barbiere e annuisce pure il ginecologo, che rivela: «Questa volta andrò a votare, è 15 anni che non voto, ma voterò per difendere il centrosinistra».
La delusione più grande, che sfocia spesso in parole di rabbia, arriva dai commercianti del Santo Stefano. Di politica, in qualunque salsa gliela si proponga, non ne vogliono nemmeno sentir parlare. «Spero che cambi tutto in fretta, mi fa tutto schifo». Marisa Nicoletti gestisce un negozio di abbigliamento per bambini in via Santo Stefano, poco dopo San Giovanni in Monte. Non entra nel merito della sua delusione, non dà dettagli sulle motivazioni. Ci finiscono dentro tutti, come inghiottiti da un buco nero. «E il 26 gennaio vado al mare». I dettagli li dà, invece, il gestore della storica macelleria all’angolo di via Guerrazzi, Nicola Re: «Nel 2016 qui in quartiere si è votato a sinistra, ma non so se risuccederà a queste elezioni. Li sento i miei clienti, non sono soddisfatti». Di cosa? «Traffico, parcheggi, immondizia». Tematiche che attengono a Palazzo d’Accursio, ma che secondo il macellaio «incideranno anche sul voto per la Regione». Poi invita a guardarsi attorno. «Le vedete quelle? Sono tutte serrande abbassate, stanno chiudendo tutti, è difficile restare sul campo. Non dirò per cosa voto, ma sono vicino alle idee del mio amico Giulio Venturi». Che è un candidato della lista civica che sostiene Lucia Borgonzoni.
Dall’altra parte della strada ci si addentra nelle vie tradizionalmente considerate più «popolari» del quartiere. Via Rialto, via Orfeo, via de’ Coltelli, via degli Angeli: un piccolo mondo a parte rispetto a quello dell’alta/altissima borghesia dell’intero quartiere. Un quartiere nel quartiere. Ci sono case più vecchie, affittate agli studenti; all’angolo tra via Orfeo e via de’ Coltelli c’è un bar che è un’istituzione, «Miki e Max», dove la clientela vota decisamente a sinistra; di fronte al bar c’è un circolo del Pd. E fino a che non l’hanno sgomberato qui c’è stato per qualche anno anche il centro sociale Làbas che probabilmente, nel 2016, ha giocato un ruolo non marginale per il voto dato al centrosinistra in un quartiere che era la roccaforte del centrodestra. I residenti hanno visto da vicino una realtà a sinistra della sinistra che ha fatto cose buone per quella zona e ha rianimato con le iniziative più varie una partecipazione che si era spenta negli anni. Eppure anche qui, dove gli anziani che si incontrano per strada dichiarano apertamente l’appartenenza ai valori del centrosinistra, si respira dello spaesamento. «I miei clienti non stanno proprio parlando di queste elezioni stranamente — dice la barista di Miki e
Max — e chi ne parla dice che non voterà, c’è molta delusione nei confronti del centrosinistra». Seduta al tavolino davanti ai giornali e a un cappuccino c’è la signora Tina, ottanta anni fra poco. Ha avuto un negozio di antiquariato in questa zona per molto tempo e ogni tanto torna qui a rivivere le sue strade abituali. «Nella mia vita ho votato a destra e a sinistra a seconda dei candidati, non sono mai stata legata a un partito. Ma le ultime due volte non ho votato e non lo farò nemmeno il 26. Non riesco a farmi un’idea su queste Regionali e quando uno è indeciso è meglio che non vada a votare»
In via Rialto ci sono le attività più storiche della zona. Il liutaio, Alessandro Urso, è un elettore di sinistra e si lamenta di chi si lamenta. «Nessun partito può dare tutte le risposte, ma so per certo che non mi piace la politica arrogante. La gente si lamenta di tutte le piccolezze, ma se guardiamo solo alle buche per strada e non osserviamo il contesto di una regione, di una città e di un quartiere in cui si vive bene, non andiamo da nessuna parte». Ma un passo più in là la signora Nicoletta, 74 anni, proprietaria da 35 anni del «Telaio sardo», ammette la sua frustrazione di ex elettrice di sinistra che sente la pancia (sua e quella dei suoi clienti) spingere verso destra. «Siamo allo sbando — dice —, questo governo sta facendo davvero molto poco e io sto pensando di dare il mio voto a destra». Ma di Bonaccini e Borgonzoni cosa sa? «Li ho sentiti qualche volta tempo fa, ma non so i loro programmi. Il mio sarebbe più un voto di sfiducia al governo nazionale. Deciderò il giorno delle elezioni, quando sarò dentro la cabina». E il 27 gennaio il Santo Stefano potrebbe svegliarsi ancora di un altro colore. Per adesso è color rosso rabbia.
Nicola il macellaio
Nel 2016 qui in quartiere si è votato a sinistra, ma non so se risuccederà Li sento i miei clienti, non sono soddisfatti. Traffico, parcheggi, immondizia: incideranno anche sul voto per la Regione