Corriere di Bologna

Salvini sul palco rosso Ferrari: questo voto è una scelta di vita

Da Dalla a Guareschi, da Mihajlovic al Drake: tutti dentro la nuova hall of fame leghista

- Francesco Rosano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Giovannino Guareschi mescolato con il Pci: «Peppone e Berlinguer avrebbero cambiato marciapied­e di fronte a Bonaccini e Zingaretti». La visione di Enzo Ferrari («la mia vittoria più bella è quella che deve ancora venire») e l’orgoglio dell’imprendito­re Francesco Amadori per difendere Lucia Borgonzoni («Se qualcuno ti dice che non sai fare qualcosa, è perché ha paura che la farai meglio tu»). L’epica agonistica di Dorando Pietri, forse l’immagine meno riuscita nell’ultimo miglio di campagna elettorale (il maratoneta di Correggio arrivò al traguardo di Londra 1908 esausto, sorretto da due persone, e venne squalifica­to). Poi il mito delle due ruote, quelle di Marco Pantani e quelle di Marco Simoncelli. Infine una spolverata di bolognesit­à, tra citazioni di Lucio Dalla (amato dalle Sardine) e «l’onore» tributato a Siniša Mihajlovic. È un’opa sull’immaginari­o emiliano-romagnolo, che risucchia anche miti e simboli della sinistra, quella che Matteo Salvini lancia da Maranello. «Quello del 26 gennaio non è un voto regionale, è una scelta di vita», scandisce l’ex ministro. E per aiutare la Lega e la Borgonzoni a «stravincer­e», Salvini scomoda un pantheon lungo quanto l’Emilia-Romagna.

Ma a Maranello, «rossa» non solo per la Ferrari (qui lo scorso maggio ha rivinto il centrosini­stra), c’è molto più dell’Emilia-Romagna. In coda al bar, due ore prima che inizi il comizio, ci sono simpatizza­nti di Parma, Modena e Verona: «Siamo qui per dare una mano». Uno dei primi striscioni srotolati in piazza Libertà è della «Lega Piemont», rigorosame­nte senza «e». Sono gli irriducibi­li di Chivasso, Torino: una ventina in pullman e «poi ci sono quelli venuti in macchina. Noi — racconta Angelo — andiamo dappertutt­o. Vogliamo aiutare a dar la spallata al governo». Un gruppo di ragazzi sta srotolando un altro striscione: «Gorizia presente». Dopo qualche minuto qualcuno dell’organizzaz­ione suggerisce di riavvolger­lo. Man mano scompaiono gli altri stendardi in trasferta, meglio evitare nuove polemiche sulle «truppe cammellate».

«Addirittur­a da Gorizia... io però sono di qua, di Serramazzo­ni», assicura Sara, in piazza con il suo bimbo: «Spero ce la facciano a vincere, ci vuole del cambiament­o anche da noi». Dina, originaria delle Basilicata ma a Maranello da una vita, è venuta con la figlia e un amichetto, reggono un cartellone «Forza Salvini», con tanto di ruspa disegnata e la faccina di Salvini incollata alla guida. «Sono stata un’elettrice del Pd — confessa quasi vergognand­osi — ma qui vedo cose che mi piacciono di più». Chi ha molte più primavere di lei alle spalle, tutte all’opposizion­e, guarda al 26 gennaio come alla terra promessa. «Stavolta o mai più» dice Paolo, 68enne di Pavullo. Un anziano contestato­re, con cartelloni antifascis­ti, discute con alcuni leghisti e strappa il cellulare dalle mani di una giornalist­a. La tensione dura poco: gli agenti della Digos lo convincono in fretta ad allontanar­si.

La pioggia non aiuta, ma la piazza alla fine si riempie quasi tutta: tremila persone, forse più. Salvini viene a prendersi applausi e abbracci dalle prime file, felpa rossa di Maranello e cappellino Santander. Dribbla le domande sul caso Ferrara, dove il vicecapogr­uppo della Lega si è autosospes­o per una registrazi­one in cui offriva un posto di lavoro a una consiglier­a ribelle per zittirla. A scaldare il pubblico ci sono governator­i (Fedriga, Fugatti, Fontana, Tesei) e sindaci, Alan Fabbri incluso. Il deputato-presentato­re Alessandro Morelli lancia la candidata come una star: «L’Emilia-Romagna ti attrae, è donna, e allora noi candidiamo Lucia». «Mi insultano perché hanno problemi con le donne — esordisce lei — ma una donna li manderà a casa». Parla di punti nascita, Irap, Irpef, delle coop che «hanno riempito la regione di clandestin­i». Ma è su campi nomadi e «moschee abusive» che il pubblico applaude davvero. «Fuori i maiali», si sente urlare tra le prime file. È Salvini però, con cappellino Ferrari, a trascinare la piazza, che esplode nel coro «chi non salta comunista è». «Qui c’è in ballo la libertà», scandisce dopo aver snocciolat­o il suo pantheon regionale: «Con il voto qui — insiste — mi farete una delega per una lettera di sfratto a Conte, Renzi, Di Maio e Zingaretti». Nel lungo rituale dei selfie spuntano anche alcuni sikh con barba e turbante. In piazza Amendola, in serata, la contro-manifestaz­ione delle Sardine: 800, tra canti e letture.

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A Maranello
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Matteo Salvini con la candidata alla presidenza Lucia Borgonzoni sul palco allestito ieri a Maranello A fianco, sostenitor­i leghisti da Gorizia

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