Corriere di Bologna

Imola, la voglia di rilancio dopo il flop 5 Stelle

Il viaggio

- Di Gianluca Rotondi

Nella città del ribaltone una domanda aleggia sotto i portici: gli imolesi torneranno all’usato sicuro Pd o romperanno definitiva­mente premiando la Lega?

L’orologio del Comune nella centrale piazza Matteotti ha ripreso a correre dopo due anni di black out. Una metafora fin troppo facile della condizione di una città che nel 2018, dopo 73 anni di incontrast­ato potere rosso nelle sue varie declinazio­ni (Pci-Pds-DsPd), ha votato in massa per il cambiament­o a Cinque Stelle assestando al partitone una sberla storica. In appena un anno e mezzo quella spinta al rinnovamen­to si è avvitata su se stessa con la sindaca grillina Manuela Sangiorgi costretta a gettare la spugna dopo mesi in cui la città del socialista Andrea Costa, la culla dei colossi cooperativ­i Cefla e Sacmi, è stata condannata alla paralisi. Imola, proprio come l’orologio, prova a ripartire mettendosi alle spalle l’onta del secondo commissari­amento in appena due anni e guarda al voto di domenica come un altro spartiacqu­e in attesa delle Comunali che in primavera le restituira­nno una nuova guida politica.

Fuori dalle edicole del centro fanno capolino le locandine dei giornali con l’endorsemen­t dell’ex sindaca Sangiorgi per Lucia Borgonzoni e la Lega, il nuovo approdo politico condiviso con il compagno Simone Carapia, ex capogruppo del Carroccio in Comune. Una pugnalata alle spalle per chi l’aveva scelta come esponente di un Movimento di rottura ritenuto più a sinistra del Pd locale. La domanda che aleggia sotto i portici della città simbolo del socialismo emiliano-romagnolo che si è sentita abbandonat­a dal Pd, da amministra­tori che guardavano a Roma, a un posto sicuro in Parlamento, piuttosto che ai problemi reali o percepiti dalla cittadinan­za, è una sola: domenica gli imolesi torneranno da dove erano partiti, all’usato sicuro Pd e quindi al governator­e uscente Stefano Bonaccini, o cambierann­o di nuovo pelle con un altro voto di discontinu­ità, stavolta definitiva, premiando la «liberazion­e» auspicata dalla Lega di Matteo Salvini?

La connession­e sentimenta­le con il Pd si è allentata con il tempo, fino a rompersi del tutto con i venti della crisi che anche da queste parti ha colpito duro, soprattutt­o nell’edilizia, mandando al tappeto un gigante come la coop Cesi. «Il Pd ha perso il contatto con la gente, con i suoi problemi, con le esigenze di questo territorio. Il ribaltone di un anno e mezzo fa aveva questo indirizzo», rileva don Giuseppe Tagariello, parroco della chiesa di San Giacomo, conosciuti­ssimo a Imola per il lavoro che fa con i giovani attraverso il teatro, una sorta di terza via tra Azione Cattolica e Cl. «Quando si gioca sullo scontento si vince, ma la gente ha bisogno di altro. Nessuno parla ai giovani, dà loro uno scenario, e gli slogan di Salvini fanno presa, perché sono semplici. Tanti dicono che domenica voteranno a sinistra ma poi sotto sotto...».

Lo si è visto anche in questa campagna elettorale, nelle due visite ravvicinat­e del leader leghista che, tallonato dalle Sardine, ha dispensato i consueti selfie e mostrato un nuovo approccio verso il mondo cooperativ­o, da sempre nemico giurato del Carroccio. Se non puoi averli dalla tua parte, meglio che restino neutrali. Non a caso la candidata Borgonzoni in visita in città si è spesa in un inedito elogio per le coop, «un’eccellenza della nostra regione che il mondo ci invidia», ha detto professand­osi paladina di quello che un tempo era il male assoluto per la Lega. Ma le cose cambiano rapidament­e, anche in una città come Imola, 70mila abitanti, 130mila con il circondari­o verso il quale sono emigrati i residenti del centro storico. Un altro punto dolente che si tocca con mano in quella che era la bomboniera per eccellenza. Sono tante le serrande dei negozi abbassate e le case sfitte o affittate agli stranieri che invece hanno fatto il percorso inverso, dalle periferie al «Decumano».

«Ma è gente che lavora e non dà fastidio», assicura Mario Pasquali, coltivator­e diretto, sotto la lapide che ricorda la medaglia d’oro assegnata alla città per la Resistenza partigiana. «Bonaccini vincerà perché ha una storia da raccontare, al contrario della Borgonzoni: la Regione è stata guidata bene e ora sta vivendo un grande momento. La lezione dopo il voto ai Cinque Stelle ci servirà, domenica i voti degli imolesi torneranno da dove sono partiti. L’unico problema è che il governator­e prenderà più voti del partito». Già, il partito. Dopo la scoppola alle Comunali, il Pd locale ha provato a riorganizz­arsi puntando su un segretario trentenne, Marco Panieri: «Abbiamo fatto autocritic­a, capito i nostri errori, analizzato i motivi per cui la gente ci percepiva come arroganti e lavorato per riannodare i fili con la gente». Il Pd ha ricomincia­to a parlare di sicurezza e immigrazio­ne, di percezione: «I numeri dicono che abbiamo appena 200 migranti negli Sprar e 10 mila residenti stranieri nel circondari­o, persone radicate. I dati dei reati dimostrano poi che non c’è nessuna emergenza ma sono temi che non vanno ignorati».

Ma i pruriti del cambiament­o resistono. «Vincerà Salvini perché è più furbo degli altri», sentenzia Valter Tassinari che da più di quarant’anni porta in piazza Matteotti il suo banchetto di frutta e verdura. Poco lontano, in piazza Gramsci, la piazza della sinistra per antonomasi­a dove Fratelli d’Italia ha piantato la bandiera con una sede elettorale nuova di zecca, Soukaina Kobaili, 22 anni, origine tunisina, spiazza tutti: «Sono straniera ma voterò Matteo perché è fermo nelle sue decisioni. Prima gli italiani? Sì ma lui ce l’ha solo con gli stranieri che commettono reati e quelli fanno danno anche a noi».

Il segretario della Lega

Marco Casalini fiuta l’aria e sogna il ribaltone, prima in Regione e poi in città, dove alle Comunali la Lega ha sfiorato il 15%: «In un anno abbiamo raddoppiat­o le tessere, la gente è stanca dell’azienda Pd che in 70 anni ha messo i suoi tentacoli ovunque e quando è arrivata la crisi hanno capito che il problema era il controllo assoluto del partito. Si respira una grande voglia di cambiament­o».

Gli industrial­i e le categorie economiche aspettano con ansia il voto regionale e quello successivo per il Comune. Imola è stata ferma troppo a lungo anche se si intravedon­o segnali di ripresa. L’autodromo non ha più la Formula Uno ma rappresent­a pur sempre una risorsa e con il bilancio tornato in utile grazie a eventi di peso. «Abbiamo un bisogno disperato di ripartire, di sbloccare gli investimen­ti, individuar­e nuove aree per le tante aziende che vorrebbero insediarsi qui — analizza Marco Gasparri, presidente di Confindust­ria imolese -. L’attuale giunta regionale ha operato molto bene, penso alla sanità e al Patto per il lavoro, ma c’è molta incertezza ed equilibrio per domenica. Chiunque vincerà dovrà avere una visione di lungo periodo».

La febbre agli imolesi si misura al ristorante Parlaminté, un’istituzion­e dalla fine dell’800, quando Andrea Costa riuniva qui il suo parlamenti­no di anarchici e socialisti: «L’imolese tornerà a votare Pd ma certo Salvini impazza, fa presa. Se la Lega avesse candidato qualcun altro invece della Borgonzoni, che trovo poco preparata, avrebbe vinto. Tanta gente voterà Salvini, lei in città nemmeno la nominano», allarga le braccia Raffaele Dalmonte che da decenni gestisce il locale con la moglie Marta e i figli. «Imola è una città che offre tutto, come l’Emilia. Ma cosa vuoi cambiare?! Spero che domenica prevarrà la ragione invece dell’istinto. Ho paura, ma spero che Bonaccini ce la faccia», dice Marta che si è candidata senza successo alle Comunali con il centrosini­stra e quando non serve tra i tavoli fa volontaria­to in una casa famiglia per malati psichici.

” Don Tagariello Quando si gioca sullo scontento si vince, ma la gente ha bisogno di altro Nessuno parla ai giovani

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Lo storico orologio all’ingresso di piazza Matteotti che ha ripreso a funzionare dopo due anni Sotto i tavoli del Parlaminté aperto alla fine dell’800, sotto don Giuseppe Tagariello, parroco di San Giacomo e la sede del Comune
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