L’arte della vita nuova
Castellucci va in scena al DumBo: domani e sabato il debutto
«Qui non c’è libertà». Incomincia così il sermone scritto da Claudia Castellucci per La vita nuova, uno spettacolo firmato da Romeo Castellucci. Realizzato a Bruxelles per il centro Kanal, installato in un ex deposito della Citroën, replicato a Parigi, Vienna, Atene e in altre città europee, arriva in Italia, a Bologna, come momento centrale di Art City. Sarà rappresentato con quattro recite, andate esaurite in pochi minuti, venerdì e sabato alle 19 e alle 21 in un nuovo spazio culturale della città, un gigantesco vecchio deposito delle Ferrovie, lo scalo Ravone, in via Casarini 19.
Il regista più rappresentato in Europa (ma non in Italia), autore di opere capaci di incendiare e scavare l’immaginazione, trasformerà un capannone in un polveroso parcheggio abbandonato. Si legge nel testo: «Un tempo, i vani ricavati dalle fondamenta degli edifici / servivano da depositi per cose ferme e silenti: / chicchi, larve, mosti, fermenti. / Era il posto delle sementi, / come questo garage, ad esempio, / con tutte queste auto spente».
Auto che saranno mosse da un piccolo popolo di uomini dalla pelle nera e dalle lunghe vesti bianche, simili a pastori protestanti o a sacerdoti di antichi culti. Probabilmente a motore spento, saranno spostate, rovesciate, rivoltate a ruote all’aria. «Non è un’eco delle rivolte francesi o un messaggio ecologista», chiarisce alla presentazione Castellucci. «Non amo le immagini dall’interpretazione univoca, pubblicitaria. Le figure hanno molti lati e forse i più importanti sono quelli nascosti dietro alle apparenze». E lancia subito un altro segnale: «Sarà ogni spettatore a farsi risuonare dentro lo spettacolo. Ogni interpretazione sarà ammissibile, giusta».
Questa azione è nata in uno spazio di archeologia industriale con grandi vetrate, in una zona di Bruxelles abitata da persone di colore. «Sapevo – continua – che sarebbe diventato un museo. E ho provato a fare qualcosa lavorando con il luogo come persona, come personaggio, dotato di uno spirito. Il sermone che si ascolta è solo una parte dello spettacolo, in francese con sovratitoli. Con una certa vis polemica affronta il rapporto tra ornamento e arte, e quella grande spaccatura della storia dell’arte, tutta moderna, tra arte e artigianato. Svolgendosi in un vecchio parcheggio, si respira un’aria di abbandono, malinconica. È come un errore di quella civiltà dell’automobile che ci avvolge, un luogo sbagliato in cerca di riscatto estetico ed esistenziale, una scommessa degli artigiani di rigenerare un luogo attraverso l’immaginazione, “per onorare la povera vita quotidiana”, come si legge nel testo. È un lavoro molto concentrato sull’atmosfera».
Uno spunto è stato trovato in Lo spirito dell’utopia di Ernst Bloch, dove si parla di riscatto esistenziale attraverso l’uso quotidiano degli oggetti. La vita nuova ha unito vari enti culturali cittadini, Mambo, Ert, il Comune, nella progettazione «che intreccia varie arti e dà vita a un nuovo contenitore culturale della città», ha commentato Lorenzo Balbi, direttore di Mambo. Con le povere vecchie auto abbandonate a ruote all’insù, a cercare di solcare nuove strade, forse più silenziose, nel cielo.