Corriere di Bologna

Tutti i leader schierati per la spallata al Pd (e lo sfratto al governo)

Berlusconi: «Sgarbi sarà il prossimo assessore alla Cultura»

- di Francesco Rosano

All’improvviso è il RAVENNA 2015. E sul palco di piazza del Popolo a Ravenna ci sono insieme i tre leader del centrodest­ra: Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. L’ultima volta, in EmiliaRoma­gna, era stato 5 anni fa a Bologna «per mandare a casa Renzi». I rapporti di forza sono cambiati, la leadership è in mano, per ora, a Salvini. Ma l’obiettivo, in fondo, è lo stesso: Roma. Perché «liberare l’Emilia-Romagna» è un colpo di carambola che punta al governo. Lo dicono i tre azionisti di maggioranz­a del centrodest­ra. Lo dice la donna a cui hanno affidato il pallino per abbattere l’asse gialloross­o, Lucia Borgonzoni: «Se c’è l’ha fatta l’Umbria ce la facciamo anche noi e dopo andiamo a prenderci il Paese!».

Dopo il comizio-show di Bibbiano, con il dolore di madri e padri esibito in piazza, a Ravenna sono tornate le bandiere. Anche troppe, visto che ne rimangono a terra parecchie per non rovinare la vista a chi è rimasto in fondo. In tempo per i tg della sera, i tre leader si concedono alle telecamere sotto il palco prima del silenzio elettorale. Il messaggio, con accenti diversi, è lo stesso. «Spero che tutti gli italiani — esordisce Salvini — possano avere come gli emiliani, i romagnoli e i calabresi, la fortuna di scegliere il futuro e non il passato». Berlusconi lo segue a ruota: «Chi è al governo, se il risultato sarà quello che attendiamo, non potrà che dare le dimissioni. Altrimenti l’Italia non sarebbe più una democrazia».

In sottofondo, tra Vasco Rossi e gli 883, risuona Un Giudice di De André. L’opa sull’immaginari­o della sinistra si gioca anche in musica. La leader di Fratelli d’Italia, vera avversario di Salvini nei cuori e nei cori della piazza, ribadisce il concetto. «Il centrodest­ra deve essere unito per dare la possibilit­à a una regione, che merita di più, di avere di più. Poi — dice la Meloni — se dovesse vincere chiederemo elezioni anticipate».

L’apertura sul palco spetta a Salvini. Dedica la piazza a Mario Cattaneo, assolto «grazie alla legge sulla legittima difesa». «Da lunedì, quando Lucia sarà in Regione — scommette — ci occuperemo di vita vera, in primis sicurezza e lotta alla droga». Torna a citare Bibbiano: «Speriamo che in Regione qualcuno chieda scusa». Racconta di mani strette a delegati Cgil ed ex segretari del Pd locale. «Tutti mi dicono: “Ormai voto lega perché il Pd è il partito dei banchieri e della casta”». L’applauso più grande, però, è alla promessa di «mandare a casa Conte, Renzi, Di Maio (che si è già mandato un po’ a casa da solo) e Zingaretti».

I cori che accolgono la Meloni confermano che forse è lei l’avversaria di cui Salvini si deve preoccupar­e. «Voi cittadini dell’Emilia-Romagna siete di fronte a un crocevia della storia, dal vostro voto dipendono moltissime cose», esordisce la leader di FdI. «L’unica cosa che il Pd si è concentrat­o a fare è tentare di insabbiare lo scandalo di Bibbiano».

Il Cavaliere, costretto al terzo posto in scaletta, viene accolto come un padre nobile. Promette che Vittorio Sgarbi «sarà un grandissim­o assessore alla Cultura». Poi il suo appello: «Domenica è un voto per la libertà, forza Lucia, forza centrodest­ra e Forza Italia!». Gli applausi non riescono a coprire il rumore dei fischietti che arriva da poco lontano. Nella vicina piazza Kennedy sono migliaia anche le Sardine, cantano Bella Ciao, leggono Se questo è un uomo. Borgonzoni, intanto, chiude il comizio prima del rito dei selfie salviniani. «Mi insultano perché hanno paura, ma stavolta liberiamo la nostra terra». L’Emilia-Romagna, poi l’Italia.

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Foto di gruppo Da Sinistra, Silvio Berlusconi (FI), Matteo Salvini (Lega), Giorgia Meloni (FdI), la senatrice Lucia Borgonzoni, candidata alla presidenza, e Vittorio Sgarbi, capolista di Forza Italia a Bologna

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