Rossi, stellati e anti-vaccinisti L’orgoglio dei cespugli «Voto splittato? No grazie»
Non hanno le facce tirate di Stefano Bonaccini e di Lucia Borgonzoni che si giocano il tutto per tutto. Chi punta semplicemente ad entrare in Consiglio regionale o a confermare la propria presenza, magari aumentando il numero degli scranni su cui sedersi, non solo può affrontare l’ultimo confronto, andato in onda ieri sera su Rai 3, con serenità. Ma può permettersi anche, soprattutto i tre rappresentanti delle liste della sinistra più «rivoluzionaria», di tirare le orecchie a chi fino ad oggi ha scelto il voto utile.
A dispetto dei loro elettori che — come ha dimostrato anche la piazza Galvani dell’altra sera del movimento Cinque Stelle e come confermano i tanti dubbi che vanno in scena per le strade e nelle case fra i tanti che da anni e, in ultimo, alle Europee di maggio hanno voltato le spalle al Pd — si interrogano sulla necessità di fare splitting nel segreto dell’urna, i cespugli della politica emiliano-romagnola rivendicano la propria
«Pd come la Lega» Collot, Potere al Popolo «Sono uguali perché odiano i poveri, solo in modo diverso»
unicità e respingono al mittente l’ipotesi del voto disgiunto messa sul piatto dai giornalisti chiamati a porre le domande. Simone Benini, candidato romagnolo del M5S e già consigliere comunale a Forlì, ripropone la boutade già lanciata alla trasmissione Un giorno da pecora. Rivolgendosi agli elettori di Bonaccini e Borgonzoni suggerisce ironicamente, tutto comodo nella sua mise sportiva: «Disgiungetevi da voi stessi — azzarda — e votate Simone Benini presidente», trovando anche il tempo di accusare la stampa di non aver dato lo stesso spazio alle liste minori. Laura Bergamini, candidata del Partito Comunista con una collana a fiori su un maglioncino nero, rivendica il suo essere «comunista».
«Noi c’eravamo prima — insiste — e ci saremo dopo al fianco dei lavoratori. Fin dall’inizio abbiamo detto che centrodestra e centrosinistra son due facce della stessa medaglia. Non diamo indicazioni diverse dal votare Bergamini presidente — dice guardando dritta in telecamera —. Ci chiamiamo partito comunista, non diamo altre indicazioni se non lottate con il partito comunista usandolo come strumento per un mondo diverso». Marta Collot, la trevigiana 26 enne dagli occhi azzurrissimi di Potere al Popolo, ha la grinta della portavoce nazionale Viola Carofalo. Non si scompone quando le si fa notare che la sinistra radicale è riuscita a dividersi per l’ennesima volta. «Non pensiamo bisogni unire la sinistra — sottolinea —: la sinistra non esiste da tempo, va ricostruita. Lega e Pd non hanno differenze sostanziali perché odiano i poveri, solo in modo diverso».
Stefano Lugli, spilletta rossa dell’Atra Emilia-Romagna, si gioca la carta della passione: «L’Emilia-Romagna non è da liberare. La festa della Liberazione è il 25 aprile e l’unico voto utile è quello che ti rappresenta davvero, la politica del male minore non ha mai fatto bene al cambiamento vero. Torneremo sui banchi di viale Aldo Moro per costruire un nuovo Patto per il Lavoro che punti di più sulla qualità». Infine, il palermitano Domenico Battaglia, nomen omen, che corre per la lista Movimento Vaccini Vogliamo Verità, che ribadisce di essere «dalla parte dei bimbi rimasti fuori dalle scuole perché non in regola con le vaccinazioni» proprio poco prima del tg nazionale che farà il punto sul virus misterioso che ha bloccato la città di Wuhan, in Cina: «Diamo un po’ fastidio perché portiamo valori nuovi, pensiamo alla salute e non alla sanità. Domenica saremo sulle schede e Domenico Battaglia è l’unico nostro candidato presidente».