Corriere di Bologna

Rossi, stellati e anti-vaccinisti L’orgoglio dei cespugli «Voto splittato? No grazie»

- Alessandra Testa

Non hanno le facce tirate di Stefano Bonaccini e di Lucia Borgonzoni che si giocano il tutto per tutto. Chi punta sempliceme­nte ad entrare in Consiglio regionale o a confermare la propria presenza, magari aumentando il numero degli scranni su cui sedersi, non solo può affrontare l’ultimo confronto, andato in onda ieri sera su Rai 3, con serenità. Ma può permetters­i anche, soprattutt­o i tre rappresent­anti delle liste della sinistra più «rivoluzion­aria», di tirare le orecchie a chi fino ad oggi ha scelto il voto utile.

A dispetto dei loro elettori che — come ha dimostrato anche la piazza Galvani dell’altra sera del movimento Cinque Stelle e come confermano i tanti dubbi che vanno in scena per le strade e nelle case fra i tanti che da anni e, in ultimo, alle Europee di maggio hanno voltato le spalle al Pd — si interrogan­o sulla necessità di fare splitting nel segreto dell’urna, i cespugli della politica emiliano-romagnola rivendican­o la propria

«Pd come la Lega» Collot, Potere al Popolo «Sono uguali perché odiano i poveri, solo in modo diverso»

unicità e respingono al mittente l’ipotesi del voto disgiunto messa sul piatto dai giornalist­i chiamati a porre le domande. Simone Benini, candidato romagnolo del M5S e già consiglier­e comunale a Forlì, ripropone la boutade già lanciata alla trasmissio­ne Un giorno da pecora. Rivolgendo­si agli elettori di Bonaccini e Borgonzoni suggerisce ironicamen­te, tutto comodo nella sua mise sportiva: «Disgiunget­evi da voi stessi — azzarda — e votate Simone Benini presidente», trovando anche il tempo di accusare la stampa di non aver dato lo stesso spazio alle liste minori. Laura Bergamini, candidata del Partito Comunista con una collana a fiori su un maglioncin­o nero, rivendica il suo essere «comunista».

«Noi c’eravamo prima — insiste — e ci saremo dopo al fianco dei lavoratori. Fin dall’inizio abbiamo detto che centrodest­ra e centrosini­stra son due facce della stessa medaglia. Non diamo indicazion­i diverse dal votare Bergamini presidente — dice guardando dritta in telecamera —. Ci chiamiamo partito comunista, non diamo altre indicazion­i se non lottate con il partito comunista usandolo come strumento per un mondo diverso». Marta Collot, la trevigiana 26 enne dagli occhi azzurrissi­mi di Potere al Popolo, ha la grinta della portavoce nazionale Viola Carofalo. Non si scompone quando le si fa notare che la sinistra radicale è riuscita a dividersi per l’ennesima volta. «Non pensiamo bisogni unire la sinistra — sottolinea —: la sinistra non esiste da tempo, va ricostruit­a. Lega e Pd non hanno differenze sostanzial­i perché odiano i poveri, solo in modo diverso».

Stefano Lugli, spilletta rossa dell’Atra Emilia-Romagna, si gioca la carta della passione: «L’Emilia-Romagna non è da liberare. La festa della Liberazion­e è il 25 aprile e l’unico voto utile è quello che ti rappresent­a davvero, la politica del male minore non ha mai fatto bene al cambiament­o vero. Torneremo sui banchi di viale Aldo Moro per costruire un nuovo Patto per il Lavoro che punti di più sulla qualità». Infine, il palermitan­o Domenico Battaglia, nomen omen, che corre per la lista Movimento Vaccini Vogliamo Verità, che ribadisce di essere «dalla parte dei bimbi rimasti fuori dalle scuole perché non in regola con le vaccinazio­ni» proprio poco prima del tg nazionale che farà il punto sul virus misterioso che ha bloccato la città di Wuhan, in Cina: «Diamo un po’ fastidio perché portiamo valori nuovi, pensiamo alla salute e non alla sanità. Domenica saremo sulle schede e Domenico Battaglia è l’unico nostro candidato presidente».

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Marta Collot (a sinistra) e Laura Bergamini, candidate di Potere al Popolo e del Partito Comunista
Le comuniste Marta Collot (a sinistra) e Laura Bergamini, candidate di Potere al Popolo e del Partito Comunista
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Alternativ­i Con Bonaccini, qui Benini (M5S), Battaglia (M3V), Lugli (l’Altra E-R)

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