«Il cotto e il crudo»
Martedì e mercoledì al Duse: «Non vediamo l’ora»
«ABologna io e il mio amico Antonio Stornaiolo non vediamo l’ora di venire», dice Emilio Solfrizzi. Non è una frase di circostanza. La laurea al Dams, gli anni ruggenti della comicità bolognese, e poi, inutile nasconderlo, l’essere giovani, sono elementi che pesano. Martedì e mercoledì il duo comico che furoreggiò dal 1985 al 1998 con il nome di Toti e Tata porterà al teatro Duse Il cotto e il crudo, divertente omaggio ironico e leggero a una Puglia oggi fortemente trasformata, e sarà una tappa speciale. Dalla Puglia, il discorso si allarga all’Italia attraverso dialoghi serrati, pensieri laterali, versi demenziali, calembour esilaranti. Ma il legame Bologna-Bari richiama anche un altro aspetto: il gemellaggio tra Bologna Fiere e la Nuova Fiera del Levante. Occasione che vedrà i due sindaci di Bologna e Bari Virginio Merola e Antonio Decaro assistere al debutto del 28 con il presidente di Nuova Fiera del Levante Alessandro Ambrosi e il direttore generale di Bologna Fiere Antonio Bruzzone e condividere dopo lo spettacolo specialità locali con gli chef Fabrizio Dammarco da Bari e Michele Cocchi da Bologna (ore 21, info 051/231836. Prima del Duse lo spettacolo farà tappa al teatro Michelangelo di Modena, domani, stessa ora).
Solfrizzi, partiamo da Bologna.
«È stata la città dove io e Antonio abbiamo frequentato l’università, conosciuto i comici del Gran Pavese, da Tita Ruggeri a Vito, dai Gemelli Ruggeri a Malandrino e Veronica, Antonio Albanese, dove abbiamo partecipato al concorso La Zanzara d’Oro. Un posto meraviglioso in cui si sperimentava di tutto capace di accogliere chiunque. Un momento magico per noi».
Oggi la vede cambiata?
«Ho la fortuna di frequentarla ancora e ne percepisco i cambiamenti. Oggi la trovo un po’ ripiegata su sé stessa. Rimane una città straordinaria, ma meno facile e pronta a recepire gli stimoli esterni».
Nel dopo spettacolo, in cosa consterà il gemellaggio gastronomico Bologna-Bari?
«Su tutti svetteranno orecchiette alle cime di rapa e tortellini. Una sorta di gara, ma più che altro un momento di condivisione».
La Puglia in scena che regione è?
«Una regione che ha motivo di essere raccontata, passata da Cenerentola a regina, mèta turistica tra le più ambite ed eccellenza per diversi ambiti. I due amici si incontrano sul palco la vedono da due diversi punti di vista. Io sono andato via, Antonio ci è rimasto e le visioni sono diverse».
Chi è il cotto e chi il crudo?
«Ci giochiamo. Un po’ io, un po’ lui. Deciderà il pubblico. Quello che conta è che ci divertiamo moltissimo».
Come reagisce il pubblico non pugliese?
«In modo straordinario. Soprattutto il nord. Caloroso, partecipativo. Altro che freddezza. Poi, raccontare la Puglia come facciamo noi è un modo per parlare di noi italiani».
Passate in un batter di ciglia dalla frase di cortesia al bisticcio, dalla citazione colta al ragù…
«Un altro nostro gioco. Partire dalla citazione colta per cadere più in basso possibile».
Un testo scritto a quattro mani?
«Sì, ma non a tavolino. Facendolo. Ed è cresciuto grazie alle chiacchiere. Gli spettacoli comici hanno spesso un’evoluzione propria. Sono vivi».