Bertolino tra le risate e l’Italia di oggi
«Instant Theatre» venerdì in scena al Celebrazioni
«Stefano Bonaccini? Siamo convinti che abbia chiuso nel convento quelli del Pd per farli uscire dopo le elezioni. Ormai non li vuole più nessuno». E i citofoni? «In scena non ne vedremo, perché alla gente bisogna parlare in faccia». Enrico Bertolino venerdì salirà sul palco del teatro Celebrazioni con Instant Theatre, formula teatrale ideata insieme a Luca Bottura, e vuoi che una settimana dopo tutto ciò che è capitato in Emilia-Romagna non ne tengano conto? In questi giorni febbrili Bertolino, Bottura, con il co-autore Massimo Navone che ha curato anche la regia (ha collaborato Enrico Nocera) stanno aggiornando lo spettacolo a cui da qualche tempo è stato aggiunto un sottotitolo, Circo minimo, metafora dei numeri circensi tutt’altro che massimi di questi anni (ore 21, info 051/4399123. Ad accompagnare lo stand up comedian milanese, i polistrumentisti Roberto Antonio Dibitonto e Tiziano Cannas Aghedu con musiche originali e del repertorio italiano). Molte le novità per Bologna. Come il centone, le canzoni composte da melodie famose a cui si aggiungono testi diversi, per l’occasione dedicato a Lucio Dalla, una speciale rassegna stampa del giorno dopo e, tenetevi forte, l’annuncio di un nuovo partito politico.
Bertolino, cosa l’ha portata a cimentarvi nell’Instant Theatre?
«È un contenitore in cui mettiamo ciò che accade. La satira di costume è molto bella, l’ho fatta per anni, ma ora sono stufo. Vogliamo rompere le scatole. Ormai la gente è abituata alla televisione, quindi o proponi cose di altissima qualità, o qualcosa di molto divertente, e lì ci possiamo provare».
Una scelta che sta pagando?
«Ci sono luoghi in cui non viene nessuno, altri in cui arriva una marea di gente. Ma è l’Italia, se ci si pensa. Cambiamo spettacolo ogni sette mesi. Quello precedente aveva come sottotitolo N€uroscettici. Questo, Circo minimo, perché se guardiamo la fotografia del Paese…».
Cosa appare?
«Se vede uno statista ci avvisi. Prendiamo Giuseppe Conte, si è presentato come l’avvocato degli italiani ma piuttosto ne è il curatore fallimentare: questa roba la teniamo, quest’altra la diamo alla Germania, se avanza qualcosa lo diamo a Trump, eventualmente facciamo l’accordo con la Cina».
Non salviamo proprio nulla?
«Il risveglio dei giovani che scendono in piazza a prescindere è un elemento positivo. Come le sardine, che vanno anche stigmatizzate perché attenzione: è cibo prelibato per le balene, soprattutto quelle bianche. Infatti Rotondi e gli altri stanno cercando di rimettere in piedi la Democrazia Cristiana. E attenzione anche ai tonni a pinna gialla e rossa, che stanno per governo giallo-rosso».
A questo punto che fare?
«Noi lo sappiamo: creiamo un partito. Flessibile e aggregante: il Poi. Sta per Partito Opportunista Italiano. Lo fonderemo a Bologna a ragion veduta e sarà il primo partito prêt-à-porter».
Sempre meglio poi che mai.
«E anche meglio di prima. Niente prima gli italiani, l’Emilia, la Romagna. Avremo anche un movimento giovanile: la carpa. Mite e gentile. Il fine è farci una risata, anche se con retrogusto. Dario Fo una volta mi disse: “Butta la risata sul pubblico, ma dagli un tempo per capirla”. Bisogna aspettare la risacca».