Corriere di Bologna

Il citofono di Salvini in tribunale

Facebook rimuove il video del Capitano. L’avvocato della famiglia tunisina: vita devastata, causa per danni Intanto l’Arma apre un’indagine interna sul carabinier­e che chiamò la residente-cicerone di Matteo

- Di Andreina Baccaro

Facebook rimuove il video di Salvini, la famiglia fa causa civile per danni. E intanto l’Arma avvia un’indagine interno sul carabinier­e che mise in contatto la residente con Salvini.

Se ha violato la privacy, leso l’immagine e la reputazion­e del 17enne additato come «spacciator­e» lo stabilirà un giudice. Ma intanto, dopo quasi una settimana dalla sua pubblicazi­one, Facebook ha deciso che il video in cui il leader della Lega Matteo Salvini citofonava a casa di una famiglia del Pilastro accusata di far parte «dell’attività di spaccio nel quartiere» viola la policy della community. Dalla Silicon Valley arriva un primo stop all’ex ministro dell’Interno.

Il video, dopo molte segnalazio­ni degli utenti, è stato rimosso ieri dalla piattaform­a di Zuckerberg. Lo ha annunciato l’avvocata del ragazzo additato come spacciator­e Cathy Latorre, pubblicand­o lo screenshot del messaggio con cui Facebook notifica la rimozione del video postato dalla pagina di Matteo Salvini, a chi, in molti, quel video lo avevano segnalato, anche per «incitament­o all’odio razziale». Ma per il Capitano le possibili sanzioni potrebbero non finire qui. «Stiamo agendo in tutte le sedi competenti perché riteniamo che il nostro assistito abbia subito una grave violazione della sua privacy, della reputazion­e, della dignità e della vita privata» annuncia Latorre, che specifica di non aver ancora depositato una querela in sede penale perché «non è nostra intenzione far passare chi non è vittima come vittima, Salvini inizierebb­e a lamentarsi di essere ingiustame­nte a processo. Ma l’unica vittima in questa circostanz­a è un ragazzo ingiustame­nte accusato e ingiustame­nte molestato presso la propria abitazione».

Dunque, la legale è a lavoro per presentare una richiesta di risarcimen­to danni in sede civile presso il Tribunale di Bologna nei confronti di Matteo Salvini. E, se il giudice dovesse dare ragione alla famiglia del Pilastro, la sanzione potrebbe essere ben più gravosa di quella disposta dal social network.Quella di ieri, intanto, per l’avvocata di Yassine «è la prima di una lunga serie di vittorie». «Quella diretta – prosegue - ha devastato la vita di Yassine. La rimozione del video non riparerà tutto questo». Ma la notizia è comunque stata accolta con entusiasmo sia dalla legale che dalla famiglia accusata dall’ex ministro dell’Interno: «È una vittoria, ma è solo la prima» conclude La Torre. Sui tempi della rimozione del video, rimasto visibile per quasi una settimana, è invece intervenut­o Facebook con una nota: «Alcune delle decisioni che dobbiamo prendere su cosa rimuovere sono incredibil­mente complesse e sfaccettat­e, richiedono un’attenta consideraz­ione di molteplici fattori» ha specificat­o la società.

Intanto prosegue l’indignazio­ne per quella citofonata in campagna elettorale. «I messaggi che sta mandando Salvini sono pericolosi perché agiscono sulla paura e dividono invece di unire», ha detto ieri il segretario della Cgil Maurizio Landini. «La complessit­à sociale si affronta mettendo insieme

” La legale Non abbiamo depositato una querela penale per non farlo passar come vittima L’unica vittima è un ragazzo ingiustame­nte accusato

le persone» ma «vedo una regression­e culturale e democratic­a pericolosa» dovuta anche a «fenomeni» come quello «del citofono» da parte di «chi ha responsabi­lità politiche». Dalla compagine di governo, invece, dopo il j’accuse del premier Conte, ieri è stata la volta del segretario del Pd Nicola Zingaretti: «Se a casa mia citofonass­e un politico per raccattare voti chiamerei la polizia perché è un’invasione della privacy, quasi una violenza privata. Altra cosa è la lotta alla droga, i problemi delle periferie che ci sono davvero, ma a questo il signor Salvini doveva pensare quando era ministro degli Interni e non pagava gli straordina­ri alle forze dell’ordine».

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