La remuntada finale della contro-Bestia
Agnoletti: «Sabato pensavamo di perdere. Così abbiamo ribaltato la sfida»
«Tra venerdì e sabato eravamo sicuri di perdere. Avevamo dieci sondaggi e tutti, tranne Masia, ci davano indietro con una tendenza favorevole al centrodestra. A quel punto abbiamo deciso di assecondare questo pessimismo». Sotto la clamorosa vittoria di Stefano Bonaccini c’è anche la firma di Marco Agnoletti e della sua Jump Media.
Fiorentino, juventino, già portavoce di Matteo Renzi e poi consulente portafortuna per la corsa verso Bruxelles dell’ex numero due di Bonaccini, Elisabetta Gualmini. Nella War room del governatore candidato c’era anche lui insieme al braccio destro di Bonaccini, Davide Baruffi, il coordinatore della campagna elettorale, Andrea Rossi, il campaign manager, Daniel
Fishman dell’agenzia milanese Consenso, il portavoce del presidente, Stefano Aurighi e l’agenzia modenese di comunicazione Tracce. «C’era anche la nostra Bestia — scherza Baruffi — un gruppetto di ragazzi che ha fatto la battaglia sui social. Persone che abbiamo conosciuto in questi anni nel mondo delle start up e che volontariamente ci hanno dato una mano».
Il loro apporto è stato decisivo. «Avevamo meno soldi da spendere sui social ma alla fine abbiamo avuto più interazioni». Solo nell’ultima settimana su Facebook e Instagram la pagina «Stefano Bonaccini» è costata 28.258 euro, una cifra considerevole ma inferiore ai 37.141 euro di «Lucia Borgonzoni». Discorso a parte il grillino Benini che ha investito 316 euro. Il governatore spesso gestisce i social in prima persona. «L’80% dei messaggi li scrive lui e ogni tanto lo sgridavamo perché esagera nei toni. Secondo me è comunque meglio così. In quello di Borgonzoni, per dire, si vede che non è lei a scrivere, dà un’idea artificiale che alla fine rischia di essere controproducente». L’altra sera Bonaccini se l’è presa per un messaggio su Facebook e ha risposto con toni duri («radical chic, questi si meriterebbero Salvini»). Poi ha capito di aver esagerato e ha cancellato il post.
Ma tant’è. La strategia di Bonaccini è nata il 26 maggio 2019. Con la valanga di voti alla Lega per le Europee il Pd che nello stesso giorno teneva alle Amministrative. Un voto parallelo rilevante in numeri assoluti sul quale Bonaccini ha scommesso. «Il presidente doveva essere il sindaco dei sindaci, sapevamo che puntare tutto sul livello amministrativo avrebbe pagato — aggiunge Baruffi —. Per noi la campagna elettorale è iniziata con il manifesto dei 210 sindaci a sostegno del presidente».
Quindi niente politica nazionale, niente Pd, Lega e Cinque Stelle ma solo questioni amministrative. Così, per esempio, Bonaccini ha scelto di realizzare un unico confronto sulle tv nazionali a parecchie settimane dal voto. «Non ci interessava quella dinamica».
Il focus della campagna è stato tutto locale. «Abbiamo giocato tanto sull’orgoglio emiliano, dovevamo far passare il messaggio che si sceglieva il destino dell’Emilia non quello del governo o di Conte. In questo senso il voto a Salvini era una fregatura per gli emiliani». Che, però, fino a domenica sembrava aver pagato. «Ci avevano detto che una partecipazione alta avrebbe favorito Borgonzoni, un’affluenza altissima sarebbe stata un bene per noi», racconta Agnoletti che ora aiuterà la corsa di Giasni in Toscana. Che Bonaccini ce l’avesse fatta l’hanno capito domenica a mezzogiorno con i primi exit poll e il boom dell’affluenza. «Per la verità io non ho mai avuto dubbi», se la ride Baruffi.