Corriere di Bologna

«Qui sentivo un costante disagio Ora ho paura a uscire di casa»

- L. M. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Non sono ancora uscita di casa, non so dire come sarà». Eleonora ha un cerottone sulla fronte per coprire un punto di sutura e le altre strips, le «farfalline» che chiudono le ferite. Lividi e qualche dolore — «devo dormire appoggiand­o la testa da una sola parte» — una settimana di prognosi provvisori­a. Ma soprattutt­o ancora tanta, comprensib­ile paura. «Non si può vivere così» le dice Marica, amica e coinquilin­a. «Le ho detto prima vai al lavoro meglio è, lo deve fare. Ma lo farà, lei è forte e coraggiosa».

In effetti, Eleonora non l’ha data vinta all’aggressore.«Pensi che non avevo niente nello zaino, nemmeno un euro. È stato l’istinto. Mi hanno detto che sono stata una scema, che potevo lasciargli­elo, forse hanno ragione. Però lui si è avvicinato, mi ha urlato che lo zaino era suo. Questo forse mi ha fatto scattare qualcosa».

Proviamo a ricordare? «Ero andata in via San Vitale dall’estetista, tornavo su via

Begatto, avevo il telefono in mano, solo all’ultimo ho visto sulla mia destra quest’uomo che veniva in direzione contraria. Non bisognereb­be camminare distratti».

Poi?

«Ho gridato di no, che lo zaino non era suo. È iniziata la colluttazi­one, roba di un minuto, anche meno. Ho urlato fortissimo, si sono affacciati di fronte, ha cercato di tirarmi dei pugni, mi sono girata, lui era alle spalle mentre lo zaino l’avevo portato davanti. Mi ha spinta contro il muro, lì credo di aver battuto la fronte. Sono caduta per terra, mi ha tirato calci sulla testa. Sono arrivate alcune persone, una signora lo ha visto allontanar­si e non sapendo fosse lui l’aggressore gli chiesto cosa stesse succedendo, lui ha tirato dritto».

Si era mai sentita in pericolo prima?

«Pericolo mai, costante disagio sì. Vivo in questa via da settembre, con altre cinque persone, usciamo spesso insieme, ma anche quando sono sola non ho mai avvertito rischi particolar­i. Però non è una zona tenuta bene, girano droghe di ogni tipo. Non giudico, dico solo che sarebbe opportuno per una famiglia con figli poter uscire senza preoccupar­si o vedere scene del genere. Prima stavo in Bolognina

e non era mai successo niente. Non pensavo potesse accadere qualcosa trasferend­omi dal quartiere ritenuto più degradato a una via del centro».

Ha temuto il peggio?

«No, a quell’ora, con la gente in giro mi sono sentita più sicura. Di notte forse sarei stata forse più lucida e meno istintiva».

Cosa fa nella vita?

«Sto per laurearmi in sviluppo della cooperazio­ne internazio­nale e intanto lavoro in un ristorante».

Adesso?

«La paura c’è ma so che non serve a niente. Vorrei ritornare più in fretta possibile a fare quello che facevo, stare in casa è una tortura».

«Quando lui ha detto “lo zaino è mio” mi è scattata la rabbia e non ho mollato la presa»

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