Nei ristoranti senza clienti
Ascom e Confesercenti lanciano un appello a clienti e istituzioni per un ritorno rapido alla normalità Azzerate le prenotazioni negli agriturismi per Pasqua
Iprimi a svuotarsi sono stati quelli di cucina cinese, ora tutti i ristoranti a Bologna stanno soffrendo l’effetto coronavirus. E chiedono aiuto.
Niente involtini primavera, ma anche niente sushi, niente affettati e niente tagliatelle. Bologna non si è messa a dieta, Bologna ha semplicemente smesso di mangiar fuori. Causa coronavirus sono praticamente spariti turisti e studenti e, causa psicosi da coronavirus, anche molti bolognesi hanno rinunciato a ristoranti e locali per pranzi, aperitivi e cene. La cancellazione di fiere ed eventi in città ha poi ridotto drasticamente l’ingaggio di specialisti del catering. Risultato? «La ristorazione bolognese sta subendo un durissimo colpo, facendo registrare circa un -50% dei profitti. Sono tantissime, infatti, le prenotazioni sospese o cancellate da parte di turisti e cittadini bolognesi che preferiscono non frequentare luoghi affollati» denuncia Vincenzo Vottero, presidente della Federazione Ristoratori Ascom Bologna.
«A soffrire sono soprattutto i ristoranti del centro, quelli che lavorano in particolar modo con i turisti e i ristoranti degli alberghi per lo stesso motivo — racconta Vottero — Preoccupa meno chi ha una clientela locale, perché la flessione è minore, ma soffre anche chi come me lavora con eventi e fiere: io sto perdendo il 40%, per dire».
Gli effetti dei tavoli vuoti di questi giorni si potrebbero riflettersi in fretta sui dipendenti delle aziende della ristorazione. «Chi ha un ristorante dà lavoro, mantiene famiglie. Se la situazione non cambia, saremo costretti a mandare a casa la gente e non deve finire così». Per evitarlo lo chef di ViVo consiglia a tutti «abbassare i toni dell’allarme, ingiustificatamente ed eccessivamente alti» e ai bolognesi «di ripopolare la città lasciata vuota dai turisti: dobbiamo essere più intelligenti e forti della psicosi».
Vottero e Ascom hanno stilato un menu dedicato al coforzata ronavirus per le istituzioni. Chiedono la «dichiarazione dello stato di emergenza per consentire alle imprese che non riescono a far fronte agli ordini di invocare la causa di forza maggiore nei rapporti contrattuali; la sospensione rate mutui, versamento imposte, contributi, ritenute su redditi da lavoro dipendente, adempimenti fiscali e amministrativi; indennizzi per la mancata partecipazione a fiere e manifestazioni; il pagamento il 16 marzo dei soli contributi Inps (a meno che il governo non li congeli temporaneamente con un provvedimento di urgenza); la cancellazione per il periodo di inattività delle imposte comunali e regionali; e infine la cancellazione della quota Siae per lo stesso tempo di riferimento».
Il presidente di Confesercenti Massimo Zucchini, a nome dei gestori dei pubblici esercizi, proprio ieri faceva presente in una lettera-appello inviata al presidente della Regione e al sindaco di Bologna «che se l’ansia e la paura diventano predominante, rischiamo di perdere tutto quello che abbiamo costruito in questi anni». Anche Zucchini registra, negli affari dei professionisti che rappresenta, un calo vertiginoso degli incassi: «Le nostre attività si stanno svuotando di clientela con tutto ciò che ne consegue». E chiede a Stefano Bonaccini e Virginio Merola «di poter pensare di tornare alla normalità quanto prima».
Sta patendo gli effetti del coronavirus (e della psicosi annessa) pure il settore dell’agriturismo. «Non stiamo parlando di “pioggia di disdette”, ma di un totale annullamento delle prenotazioni in agriturismo per le vacanze di Pasqua da parte di clienti italiani e stranieri — denuncia Gianpietro Bisagni, presidente degli agriturismi associati a Confagricoltura Emilia-Romagna —. È evidente che le strutture della regione non possono andare avanti senza aiuti e sostegno». La ricetta è la stessa: gioco di squadra.
Vincenzo Vottero Soffrono soprattutto i ristoranti del centro e degli alberghi che lavorano con i turisti