«Bologna la Rossa» di Favelli
La nuova pubblicazione del pittore: una rappresentazione di sè e della città
Flavio Favelli è tornato da qualche tempo dal Sudafrica, da Città del Capo, dove ha realizzato un grande wall painting sulla facciata di un palazzo nel quartiere di Salt River. L’artista, nato a Firenze ma trasferitosi a Bologna da giovanissimo, è stato il secondo protagonista del progetto «Under the Spell of Africa», nell’ambito del programma «Italia Cultura Africa», dopo una residenza di due settimane. L’opera riprende in scala monumentale la prima pagina dell’11 febbraio 1990 del quotidiano sudafricano Sunday Times. L’immagine sfumata, posta in maniera spiazzante in senso orizzontale, ritrae la prima uscita pubblica di Nelson Mandela dopo 27 anni di prigionia.
La fisionomia di Mandela si è trasformata nel tempo in una figura pop, la cui immagine è stata però «nascosta» a lungo durante gli anni di carcere. Favelli, come sempre nei suoi interventi nello spazio pubblico, ha interpretato l’identità dei luoghi attraverso uno sguardo trasversale che unisce storia, costume e società, trasformando in simboli Mandela, il Sunday Times e la pubblicità delle sigarette Mills. A trent’anni esatti da quella copertina, l’opera riflette anche sulla lenta sparizione della carta stampata a favore della digitalizzazione, tema del Festival Ipaf in cui era inserita, assumendo così il valore di un monito sulla velocità attuale dell’informazione.
A dispetto delle nuove tecnologie sempre più presenti anche in campo artistico, Favelli, classe 1967, ha dipinto manualmente e senza l’aiuto di stencil, aerografi o proiettori. Nel frattempo l’artista è rientrato a casa, a Savigno, dove si è stabilito da qualche anno trasformando un vecchio fienile nel suo studio. Ieri avrebbe dovuto essere all’Ambasciatori con la sua nuova pubblicazione, Bologna la Rossa, edito da Corraini, ma la presentazione è stata rinviata a data da destinarsi a causa dell’ordinanza per il coronavirus. Il volume, un libro d’artista in cui la storia personale e il lessico domestico si fondono con la storia della città, sarà comunque presentato mercoledì pomeriggio al Maxxi di Roma. Dopo che alcuni dei materiali che lo compongono erano già stati esposti nella scorsa estate a Bazzano di Valsamoggia.
Nella somma delle parti che lo compongono, uno scritto autobiografico, le riproduzioni di documenti di famiglia, ventidue foto di repertorio e una cinquantina di disegni originali, Bologna la Rossa si presenta come una sorta di romanzo di formazione, «un ritratto dell’artista da giovane» evocando James Joyce. Come confermano le parole dello stesso Favelli: «La Strage dell’Italicus del 4 agosto 1974, l’uccisione di Francesco Lorusso l’11 marzo 1977, l’incidente di Murazze di Vado il 15 aprile 1978, la Strage di Ustica del 27 giugno 1980, la Strage della Stazione di Bologna del 2 agosto 1980, la Strage del Rapido 904 il 23 dicembre 1984, la Strage del Salvemini il 6 dicembre 1990, la Strage del Pilastro il 4 gennaio 1991 e la Strage dell’Armeria di via Volturno il 2 maggio 1991. Tutti questi sono entrati in modo differente, un giorno, nel mio quotidiano, a Bologna. Ho ricordi precisi di dove ero, cosa facevo e a volte cosa pensavo. Le immagini sono quasi più nitide con le tragedie e in fondo mi hanno fatto vedere meglio. I Settanta e gli Ottanta sono l’origine di molte cose, come se costituissero una mitologia che supporta la mia civiltà».
Il racconto di Favelli si apre proprio con l’elenco di quei fatti drammaticamente legati a Bologna, città con cui Favelli intreccia un autoritratto familiare, dal nucleo più intimo delle stanze di casa al palazzo dove ha abitato per molti anni in via Guerrazzi 21. All’interno delle pagine un apparato costituito da manifesti pubblicitari, biglietti di spettacoli, etichette, francobolli, loghi, schermate televisive, copertine di riviste e cataloghi.
«Mi sono accorto sempre più, soprattutto dopo la morte di mia nonna e mia madre — aggiunge Favelli — del forte legame che ho per questa città anche se non ci sono nato. Ci vivo dal 1973 e ho moltissimi ricordi, figure e oggetti che mi riportano a precisi momenti. Tanti, troppi, sono legati ai fatti tragici successi a Bologna».